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parola d'ordine: vivere! 

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Bologna, 22 marzo 2020

 

Sono seduta a una vecchia scrivania. È un pomeriggio assolato: il riflesso di luce che, dalla finestra, si allunga fino a me mi infastidisce. Mi sento diversa dalla me stessa che conoscevo: meteoropatica come sono, mi stupisco di come il sole mi irriti anziché rasserenarmi.

Lo schermo del computer restituisce ai miei occhi dati anagrafici da riportare su un documento, in vista di una riunione che, per la prima volta, si terrà a distanza.

Da tre settimane sto lavorando in smart working. Mi ritengo una privilegiata; non come chi, in questo periodo surreale, il lavoro lo sta perdendo o come chi è precettato per garantire alla popolazione i servizi necessari per vivere.

Parola d’ordine: vivere!

Vivere tentando di percepire quanto fossero grandi i piccoli gesti che ora ci è vietato scambiare: un bacio ai nostri figli; una passeggiata al parco con amici; o una carezza di conforto a chi sta lasciando questo mondo.

 

Al tempo del Coronavirus i nostri eroi sono i medici, gli infermieri e il personale sanitario in generale. E quando questo nemico, ancora sconosciuto, si sarà arreso alla sopravvivenza della specie umana, proprio loro avranno disperatamente bisogno del nostro sostegno. E noi ci saremo: dovremo esserci.

Dalla Cina arrivano immagini di medici e infermieri che sottopongono a tampone la popolazione che, oramai, gira solo con la mascherina su naso e bocca. A vederli in televisione viene da pensare che quell'esame non sia proprio completamente indolore. Chissà se un giorno dovremo farlo anche noi...

Aiuta gli altri, resta a casa! Queste parole rimbalzano dalla radio alla tv, passando per le catene che irrompono sui gruppi Whatsapp come il virus si sta sempre più infiltrando negli alveoli polmonari di chi cade sua vittima.

Altruismo: un concetto vacillante nella mente di chi è intento a privilegiare gli interessi propri rispetto a quelli degli altri. E che ora ci viene imposto come regola di vita dalle istituzioni attraverso restrizioni inimmaginabili in tempo di pace.

Ma noi non siamo in tempo di pace: stiamo combattendo una guerra contro il Covid-19, un nemico invisibile che non bussa alla porta e che non fa distinzione alcuna tra gli umani; un parassita che ha scroccato chissà quanti voli in Business class, insinuandosi fra strette di mano, abbracci e scambi di parole fra chi, per ragioni personali o di lavoro, dalla Cina ha, via via, raggiunto gli altri continenti.

Ma noi faremo i bravi, supereremo questo momento e in estate questo incubo sarà per noi un brutto ricordo.

 

 

Bologna, 1 marzo 2021

 

La vecchia scrivania su cui poggia il mio pc è oramai divenuta un prolungamento delle mie braccia. Le stesse braccia che ora mi dolgono a causa delle lunghissime ore spese al computer, da un tempo che faccio fatica a quantificare. Non guardo più fuori dalla finestra poiché so che le mie giornate trascorreranno indipendentemente dal sole o dalla pioggia.

Lo schermo del pc continua a restituire ai miei occhi i dati da riportare su documenti che verranno presentati nelle riunioni da tenere a distanza.

Da un anno ininterrottamente lavoro in smart working. L'impaccio iniziale legato al collegamento via internet ha lasciato spazio a una sicurezza che, fino a qualche mese fa, non credevo di avere. Ora la distanza non è più un limite: so che si può lanciare una stampa a centinaia di metri o di Km dall'ufficio; che si può, almeno per quanto mi riguarda, garantire adeguati livelli di performance professionale anche senza varcare la soglia dell'ufficio. Chi l'avrebbe mai detto, un anno fa? Continuo quindi a ritenermi una privilegiata; non come chi, in questo anno surreale, ha perso il lavoro o lo ha dovuto sospendere, talvolta senza i ristori necessari per vivere.

 

Parola d’ordine: vivere!

Vivere, grati di possedere in corpo l'elemento chimico che abbiamo sempre erroneamente dato per scontato: l'ossigeno. Vivere nel rispetto dei 2 milioni e mezzo di persone che il Covid-19 si è portato via; talvolta dall'oggi al domani. E per chi oggi è con noi e domani... chissà...

I gesti quotidiani che, fino a un anno fa, addolcivano le nostre giornate sono stati rimandati a un tempo che oggi ci appare infinito. L'invito a casa di amici o parenti – perfino quelli più prossimi – continua a essere un miraggio.

È stata ridisegnata la cartina geografica mondiale: le tonalità pastello che caratterizzano le pianure e le catene appenniniche o montuose dello Stivale sono state sostituite da quattro colori, decisi dall'andamento periodico del contagio locale: il rosso, l'arancione – che può divenire arancione scuro –, il giallo e il bianco. Tendere a quest'ultimo – quello che decreta l'uscita dall'emergenza sanitaria – attualmente è un recentissimo privilegio, riservato per ora alla sola Sardegna.

Al tempo del Coronavirus i nostri eroi continuano a essere i medici, gli infermieri e il personale sanitario in generale. Non abbiamo potuto ringraziare chi di loro non è riuscito a vincere sulla malattia; talvolta pensionati rientrati in servizio per il bene del Paese. Sono questi nostri eroi che oggi stanno via via vaccinando la popolazione, in base a un piano ben definito, predisposto dal Ministero della Salute. Insieme stiamo ancora combattendo contro un nemico che, anche a causa delle varianti insinuatesi nel nostro Paese, continua ad essere a noi sconosciuto.

Le immagini che, un anno fa, arrivavano dalla Cina ora vengono riproposte quotidianamente nei servizi giornalistici di tutto il mondo, Italia compresa. È difficile immaginare che vi sia anche una sola persona fra noi che non abbia fatto almeno una volta un tampone molecolare o antigenico. Le mascherine sono divenute un accessorio dell'abbigliamento quotidiano di chi può permettersi di uscire da casa, o di chi ha un positivo al Covid-19 entro le mura domestiche.

Aiuta gli altri, resta a casa! Queste parole continuano a rimbalzare dalla radio alla tv, passando per le catene che irrompono sui gruppi Whatsapp come il virus si sta sempre più infiltrando negli alveoli polmonari di chi cade sua vittima.

Altruismo: un concetto vacillante nella mente di chi è intento a privilegiare gli interessi propri rispetto a quelli degli altri. E che ora continua a venirci imposto come regola di vita dalle istituzioni attraverso restrizioni che, pur con tanta stanchezza psicologica, sono divenute un'abitudine della nostra vita odierna.

Non sappiamo quando terminerà la guerra contro il Covid-19, un nemico ancora invisibile che non bussa alla porta e che non fa distinzione alcuna tra gli umani; un parassita che sta continuando a insinuarsi fra strette di mano, abbracci e scambi di parole fra chi, per ragioni personali o di lavoro, vive la propria quotidianità.

 

Dobbiamo andare avanti facendo ancora i bravi, per scrivere la parola “fine” alla pandemia mondiale, che dura oramai da un anno. E che ora non siamo in grado di sapere quando finalmente diverrà un brutto ricordo.

 

Nel frattempo non dimentichiamo la parola d'ordine: vivere!

2 Marzo 2021 
di Emanuela  Susmel
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