parliamo di mafia
intervista
Parliamo di Mafia è una pagina Instagram alla cui base c’è un progetto di due ragazzi – Tommaso e Giuseppe – che vuole puntare l’occhio su vicende e fatti poco conosciuti (o anche molto conosciuti) che hanno a che fare con il mondo mafioso. Radio CAP li ha intervistati.

Ciao, siamo di Radio CAP, una web radio bolognese. Siamo sempre stati attenti a tematiche delicate molto importanti come la parità di genere, il cambiamento climatico e le disparità sociali parlandone con ospiti. Per quanto riguarda le organizzazioni mafiose, non abbiamo mai avuto l’occasione di parlarne con qualcuno e siamo felici di poterlo fare con voi. La mia prima domanda è questa: quando parliamo della piaga sociale che è la mafia, parliamo di un discorso che riguarda particolari zone d’Italia (come propriamente il Mezzogiorno) o riguarda tutti?
Intanto, siamo lusingati per questa intervista. è sempre un'emozione sapere che le tematiche da noi trattate siano di interesse, specie fra i più giovani. Per quanto concerne questa prima domanda, la risposta chiaramente è che non è un fenomeno circoscritto al Mezzogiorno, tutt'altro. E sì, riguarda tutti. La prima cosa da chiarire è che le organizzazioni criminali di tipo mafioso sono presenti in nord Italia da più di 40 anni, in particolar modo in Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna. Oggi, possiamo dire con certezza che sono state individuate attività legate alla criminalità mafiosa su tutto il territorio nazionale. Il concetto fondamentale da comprendere è quello secondo il quale le organizzazioni mafiose non devono essere considerate come delle entità propriamente avverse e in conflitto con la società civile. Le mafie hanno bisogno di complicità e colpevoli incompetenze, ovvero di chi le aiuta e di chi non in grado di captare quei segnali che caratterizzano l'inquinamento territoriale da parte di esse. Non meno importante, per le mafie, è la legittimazione da parte della società civile, la quale deve riconoscere il loro potere e la loro capacità di fornire servizi che le istituzioni non riescono a fornire o, quantomeno, non con la stessa celerità. Nel tempo, oltretutto, hanno imparato ad essere silenti, ad operare sottotraccia: sparare non conviene più ed è considerata sempre l'ultima scelta per la risoluzione di un problema. Utilizzando una chiave di lettura più ampia, emblematica la vicenda della strage di Duisburg, avvenuta in Germania il 15 agosto 2007. Quell'evento mostrò al mondo che la criminalità organizzata calabrese era riuscita ad insediarsi in terra tedesca, da tempo. Nel contempo, spinse la ndrangheta stessa ad abbassare l'asticella della violenza. Di fatti efferati se ne verificarono altri, certo, ma solo in Calabria. I panni sporchi si lavano in casa recitava la trascrizione di un'intercettazione telefonica tra due affiliati. Le istituzioni tedesche capirono solo dopo la strage che avevano un problema chiamato mafia, nonostante avessero ricevuto già da tempo informative da parte della DIA italiana. Anche l'Emilia Romagna, come già anticipato, un territorio ormai interessato da questi fenomeni. Le vicende legate all'operazione Aemilia della DDA bolognese ne sono la testimonianza.
Dunque è chiaro che sarebbe ora di smetterla di credere che esistano territori o luoghi fiabeschi in cui le mafie non metterebbero mai piede. Nel mondo globale del 2022 non c'è frontiera capace di flirtare i fiumi di denaro di provenienza illecita.
Di questa moneta, le mafie, ne sono piene.
Pecunia non olet.
Come nasce, cos’è e a che cosa punta il progetto “Parliamo di Mafia”?
Parliamo di Mafia nasce da una scommessa: vogliamo vedere se i giovani cittadini italiani, accusati spesso di stare solo sui social e di idolatrare uno stile di vita immorale, sono davvero disinteressati di tematiche delicate e particolarmente complesse come la criminalità organizzata? Vogliamo vedere se le piattaforme social possono diventare anche un mezzo di divulgazione di successo anche per questa tipologia di fenomeni?
Oggi possiamo affermare di sì.
Con il passare delle settimane, sin da subito, ha riscosso un certo interesse, in particolar modo proprio fra i più giovani. Quotidianamente vengono pubblicati post in cui si raccontano storie, notizie e si ricordano eventi, tutto al fine di divulgare conoscenza riguardo il fenomeno mafioso, italiano e non, e tutte le sfaccettature che lo riguardano. Ogni post deve essere accurato, ma allo stesso tempo non deve essere caratterizzato da un linguaggio troppo tecnico, proprio per far sì che ciò che si prova a comunicare sia di facile comprensione per tutti, anche per uno studente del liceo.
Oltre ai post che vengono pubblicati in maniera quotidiana, vengono periodicamente organizzate delle trasmissioni in diretta cui partecipano professionisti del settore Antimafia e testimoni diretti delle innumerevoli vicende legate alla criminalità organizzata: avvocati penalisti, giuristi, magistrati, membri della Commissione Parlamentare Antimafia, giornalisti e scrittori, ma anche imprenditori vittime di usura/estorsione e testimoni di giustizia.
Tutto usufruibile in maniera gratuita sulla stessa pagina Instagram.
I progetti per il futuro sono davvero tanti, primo fra tutti l'ampliamento verso altre piattaforme social, nonché la creazione di una realtà d'informazione nazionale volta a puntare un faro su quelle vicende poco conosciute o poco considerate.
Basta leggere le relazioni semestrali della DIA per rendersi conto di quanto la criminalità sia ormai diffusa e, spesso, abbiamo la percezione che non sempre se ne parli abbastanza e in maniera approfondita.
Questo avviene, forse, perché nel mondo di oggi l'approfondimento è stato messo un po' da parte per fare spazio alla velocità delle notizie o forse perché non si è ancora trovato il modo giusto di comunicare in maniera efficace con i nuovi mezzi d'informazione.
Chi c'è dietro?
Dietro Parliamo di Mafia ci sono due studenti universitari, Giuseppe e Tommaso. Ma questi ultimi rappresentano solo ci che possiamo definire i moderatori della pagina. Parliamo di Mafia è molto di più di due persone a cui, solitamente, viene affibbiato il merito. La componente più importante sono tutte le persone che commentano i post, che aprono discussioni in merito ad un fatto o una notizia, che fanno considerazioni costruttive e che mandano messaggi con il fine di comprendere meglio un concetto, dare idee, fare critiche costruttive. Ai messaggi viene dato un particolare peso proprio per rompere la barriera dello schermo degli smartphone. Ultimamente stiamo avendo qualche difficoltà con le tempistiche, vista la grande quantità di messaggi che arrivano ogni giorno, ma troveremo un modo di essere più efficienti anche in questo.
Ritengo che il vostro lavoro sia di fondamentale importanza, perché ciò che si teme e che va estinto, deve essere necessariamente raccontato. Le storie di mafia scuotono le coscienze, forse più ieri di oggi. Perché secondo voi si è verificato questo?
Oggi le nuove generazioni hanno più consapevolezza. Oggi possiamo affermare che le organizzazioni mafiose esistono, conosciamo, almeno in parte, il loro modus operandi, la loro struttura, la loro sub cultura. Prima degli anni 90 tutto questo non si conosceva e, anzi, cera chi persino negava ogni possibile forma di criminalità organizzata. Per quanto concerne lo scuotere le coscienze, invece, chiaro che le generazioni degli anni 2000 sentono e sentiranno sempre di più la necessità di comunicare, di raccontare e di conoscere fatti di questo tipo, specie considerando che molti di questi fatti restano tutt'oggi avvolti da una fitta nebbia di verità incompleta. Ovviamente, un grande merito, va dato soprattutto alla scolarizzazione sempre più diffusa.
Ho avuto modo di leggere storie (tragiche, come ogni cosa che circola intorno all'ambito mafioso) di cui non avevo mai sentito parlare. In un certo qual modo riscattando anche la morte di tutte queste vittime dimenticate o mai conosciute da tutti noi. Ci sono delle storie sconosciute ai più che grazie a voi hanno iniziato ad essere conosciute e perpetrate?
In realtà, con Parliamo Di Mafia, raccontiamo storie già scritte. Non facciamo giornalismo d'inchiesta ed il fatto che molte storie di vittime e carnefici siano sconosciute ai più rende l'idea di quanto ci sia davvero poco dibattito sull'argomento. Noi, nel nostro piccolo, ci prefiggiamo come obbiettivo soprattutto quello di destare interesse in chi legge i nostri post, cosicché poi abbia degli spunti e delle chiavi di lettura per approfondire in proprio. Chiaramente, la giustizia una cosa seria e non si può fare su una pagina Instagram, ma anche solo suscitare curiosità sul perché la criminalità organizzata, dopo più di 50 di lotta, sia ancora presente sul nostro paese certamente un buon inizio per diffondere una cultura alla legalità per gli uomini e le donne del domani.
Numerose sono le vittime che mai hanno ottenuto la giustizia che cercavano, tante altre conoscono chi ha commesso il reato, ma non il motivo per il quale stato commesso. Su queste lacune di verità oggettive pensiamo sia bene tenere alta l'attenzione.
Grazie per la disponibilità e per il lavoro che fate.
Grazie a voi, infinitamente.