"LA VOCE"-CONFESSIONI SUL MIO DISTURBO ALIMENTARE
Dal libro di Sandra Zodiaco ad arte: a Teatro
intervista
Secondo il Ministero della Salute, nel nostro Paese i DCA - Disturbi del Comportamento Alimentare risultano essere la seconda causa di morte tra i giovani, dopo gli incidenti stradali. Colpiscono principalmente la fascia di giovani tra i 15 e i 19 anni, ma l’età d’insorgenza si sta abbassando e il disturbo perdura spesso negli anni dell’Università e della formazione dei giovani adulti. Inoltre, i DCA stanno colpendo sempre di più anche i maschi mentre fino a poco tempo fa erano patologie diffuse principalmente tra le femmine.

Nell’ultimo anno – come afferma una ricerca dell’Ospedale San Raffaele - i casi di DCA sono aumentati del 30% a causa dell’isolamento e dello stress generato dalla pandemia. Si tratta di malattie molto spesso sottovalutate.
Il 15 marzo è andato in scena al Teatro Camploy di Verona “La Voce” in occasione della Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla come occasione di sensibilizzazione sui DCA.
L’idea dello spettacolo nasce dal libro di Sandra Zodiaco: “Oltre. Scoprirsi fragili: confessioni sul (mio) disturbo alimentare”, un viaggio tra sensazioni, aspettative e consapevolezze di una ragazza poco più che adolescente, che sviluppa un rapporto conflittuale con il cibo. Questo dis-controllo alimentare finisce per incastrarsi tra le sbarre di una gabbia di paure, una prigione entro cui costringersi, per accettarsi, per (non) rapportarsi con le proprie coetanee tra le quali si sente sempre più inadeguata.
Noi di Radio Cap abbiamo intervistato l’autrice del libro, Sandra Zodiaco che ci racconta attraverso la sua personale esperienza il mondo dei disturbi alimentari e come nasce l’idea di trasformare il testo in uno spettacolo teatrale.
“Buongiorno Sandra, ci chiedevamo da cosa nascesse l’idea di fare uno spettacolo su un tema così delicato e profondo come i DCA?”
“Buongiorno, lo spettacolo nasce dall’incontro tra me e la regista: Carola. Ha letto il mio libro e ha pensato lo si potesse trasformare in uno spettacolo teatrale, quindi tutto nasce da un’esperienza di vita vissuta e raccontata attraverso la scrittura. La scrittura può essere un potente strumento terapeutico per chi soffre di disturbi alimentari, ed è trasformata così in arte a teatro, proprio da chi fa questo mestiere. Parlarne diventa sempre più importante, e soprattutto parlarne in modo corretto: per questo nasce “La Voce”, con un ruolo di prevenzione e sensibilizzazione, perché i DCA sono soprattutto disturbi della comunicazione.”
“I disturbi alimentari tendono ad essere considerati un po’ un tabù: molti li considerano un capriccio, un modo per attirare attenzione invece sono una vera e propria malattia. Cosa ne pensa?”
“Penso che sia uno dei tanti stereotipi legati ai disturbi alimentari che ancora si fatica ad abbattere, molti pensano che ci si ammali perché si vuole apparire belli, magri e informa: in realtà si tratta di vere e proprie malattie che investono il corpo, ma che partono dalla mente e che sono multi fattoriali: sono molto complesse e nascondono ben altro.
Su questo bisogna fare tanta sensibilizzazione,far capire che ammalarsi di un disturbo alimentare non è diverso da ammalarsi di polmonite o di qualunque altra malattia. Si tratta di malattie che non si scelgono e che non sono affatto dei capricci, ma delle vere e proprie difficoltà che nascondono un disagio ben radicato: è un disagio dell’anima e si può tirare fuori solo andando a scavare un po’ nel profondo e quindi iniziando un percorso di terapia personale.”
“come si può trovare il coraggio di chiedere aiuto? Perché una persona spesso può pensare di non essere presa sul serio, o capita, proprio perché il problema non è considerato valido. E quali sono i giusti mezzi per chiedere aiuto?”
Chiedere aiuto può essere molto difficile, soprattutto in una società come la nostra in cui viene interpretato come un segno di debolezza:significa essere incapaci, non farcela da soli. In realtà nessuno ce la fa da solo: questo ce l’hainsegnato benissimo la pandemia, tutti abbiamo imparato durante il lockdown quanto siamo in realtà dipendenti e abbiamo bisogno dell’altro, perché l’uomo è un animale sociale.
Anche quello del “chiedere aiuto” è uno stereotipo che va in qualche modo affrontato: si teme che nel momento in cui si facciaquel passo si venga giudicati. In realtà la richiesta d’aiuto è il primo atto di responsabilità nei confronti di noi stessi e quindi un atto estremo di coraggio. Le persone pronte ad aiutare sono tante e sono persone esperte e formate per curare queste patologie. Iniziare a chiedere aiuto significa perciò concedersi la possibilità di tornare a vivere una vita migliore e significa credere nella possibilità di poter tornare a stare meglio: questa è una cosa difficile da capire per chi sta molto male, per chi soffre.
“Quali sono i sintomi dei disturbi alimentari? Come possiamo renderci conto che qualcuno vicino a noi soffre di disturbi alimentari? Quali sono le parole giuste da adottare per far sentire al sicuro chi ne soffre?”
I disturbi alimentari sono tantissimi e per quanto diversi possano essere, perché ognuno ha poi i propri tratti distintivi, il comune denominatore alla base è sempre lo stesso: una grande sofferenza e un grandisagio che chiedono di essere accolti e ascoltati con tutto l’amore, l’attenzione e il rispetto di cui siamo capaci.Chi ci sta accanto può intercettare il disturbo alimentare ancora prima che questo si aggravi, ponendo attenzione a quelli che vengono definiti campanelli d’allarme: cioè quelle spie che segnalano che c’è un disagio di fondo e che la persona sta iniziando a manifestare con un comportamento fisico alterato.
Solitamente la persona tende a chiudersi, a non relazionarsi più, nemmeno con le persone a lei care. Altri campanelli d’allarme sono per esempio le ossessioni: quindi l’iperattività, un’attività fisica sfrenata, magari non supportata da un’adeguata alimentazione, oltre ai classici sintomi del comportamento alimentare alterato come mangiare troppo, mangiare troppo poco, mangiare e vomitare.
I campanelli d’allarme sono tanti e si manifestano a più livelli: proprio perché i disturbi alimentari non hanno a che fare contrariamente a quanto si pensa solo con il peso, il cibo e il corpo, ma investono la persona nella sua totalitàe nella sua interezza. Chi soffre di disturbi alimentari chiede di essere vistoinnanzitutto come una persona e non solo come il suo comportamento alterato.
“Da poco, è stato aperto un ospedale dedicato ai disturbi alimentari ed è la prima volta che la sanità italiana prende sul serio tutto questo. Lo ritiene un traguardo? Pensa che ci sia ancora molto da poter fare?”
Sicuramente l’inserimento dei DCA tra i LEA e lo stanziamento di fondi ad hoc per la cura di questi disturbi è un gran traguardo che è stato raggiunto grazie al lavoro assiduo di associazioni, istituzioni, enti a cui si lavorava danni. Si tratta però di una misura ancora troppo ridotta rispetto all’effettiva richiesta d’aiuto. Ci sono regioniin cui la situazione delle strutture per la cura è praticamente assente. In Italia abbiamo una situazione a macchia di leopardo che non copre quelle che sarebbero le esigenze. Sicuramente questo è un primo passo importantea cui tuttavia dovranno far seguito altri passi importanti e nell’immediato futuro, perché già adesso vediamo gli effetti della pandemia sulla salute mentale dei ragazzi, dei giovanie dei giovanissimi, anche per quanto riguarda i casi di disturbi alimentari che si attestano essere aumentati del 30% rispetto al periodo pre-covid. La richiesta che vediamo oggi aumenterà e continuerà ad aumentare e l’unico modo per soddisfarla sarà continuare ad investire nella cura, nella formazione, nella sensibilizzazioneperché questi disturbi si combattono solo se si fa rete, per rete intendiamo un supporto collettivo tra le famiglie, la scuola, le istituzioni e professionisti, dove ognuno è un attore importante nella lotta contro i DCA.