l'utilità delle cose inutili
Elogio dell'inutilità
Pirandello, nel suo saggio sull’umorismo, spiegava la sostanziale differenza tra umorismo e ironia: la prima è “sentimento del contrario”, la seconda “avvertimento del contrario”. L’avvertimento del contrario – rispetto ai modelli, alle tradizioni, alla normalità – suscita un riso inconsapevole, frutto e prodotto del ventre, come il riso carnascialesco che sovverte la realtà per un lasso di tempo breve; un riso che risuona di vacuità e che si propaga nell’aria contagiando come una piaga chiunque nutra sé stesso, esclusivamente, di frivolezze.

Foto di Pietro Generali
Il sentimento del contrario suscita, al contrario, un riso consapevole, frutto della riflessione di una mente pensante, che riesce a riconoscere l’estraneità (quindi ciò che fa ridere) e la differenza rispetto al modello, ma ne riesce anche ad analizzare le cause, la ragione più profonda, a introiettare il malessere dell’altro, a vestirne i panni simpaticamente. La “simpatia” ha proprio il significato di sentimento, affezione, significa comprendere l’altro anche vedendo oltre l’apparenza. È il riso di cui parlava Umberto Eco, quel riso pericoloso per quelle istituzioni che imponevano il loro opprimente potere su un popolo ignorante che sottostava ad ogni legge senza porsi domanda alcuna, quel riso che avrebbe potuto sovvertire definitivamente le istituzioni religiose corrotte che richiedevano una fede cieca, quel riso del secondo libro della Poetica di Aristotele, tanto pericoloso, perché uccide la paura. Per uccidere la paura, bisogna imparare a riconoscerla e misurare la sua entità. Uccidere la paura significa essere liberi. L’umorismo è riconoscere, in ogni occasione, la parte triste e la parte divertente di ogni cosa. In poche parole: ridere ai funerali e piangere ai matrimoni. Bisogna essere forti e coraggiosi abbastanza per far vibrare le corde vocali e far contrarre spasmodicamente l’addome essendo consapevoli dell’altro lato della medaglia. Di certo, a fare paura è proprio l’ironia. È straordinario pensare che per poter ridere di un qualcosa bisogna anche conoscerne l’intrinseco dolore. Si tratta pur sempre di riso che è necessario che esista. È importante ridere, scrollandosi di dosso il peso del mondo per un momento e lasciandosi travolgere dalla leggerezza, ma mai dimenticando che quel peso è sempre esistente e che attende di poggiarsi di nuovo sui nostri omeri. È lo stesso meccanismo dell’umorismo. Bisogna godere delle cose inutili, quelle che ci fanno sentire liberi, trovare in queste rifugio, ma mai dimora fissa. È più facile sforzarsi e far fronte alle proprie responsabilità se si sa già in partenza che, ogni tanto, è possibile permettersi una pausa. Le cose inutili non sono nemiche delle cose importanti nella vita: sono un sottoinsieme che contribuisce alla riuscita di queste ultime. Senza l’inutilità non saremmo in grado di rendere complete le cose utili, perché non ne capiremmo il valore. Dedicarsi alle cose inutili è un atto d’amore e di fedeltà verso sé stessi. Chi vive senza di esse è come se avvertisse il contrario, ma non riuscisse a comprenderlo e a provarne un sentimento di appartenenza. Di certo, anche questa prospettiva di vita fa paura. E che vita è quella che fa paura?
Le cose inutili, in fondo, sono quelle per cui vale la pena vivere.