top of page

isole

RECENSIONE

isole

Isole. Cartografia di un sogno

Gavin Francis

Traduzione di Anna Lovisolo

Viaggi e geografia (insulare)

EDT Torino

2021 (orig. Island Dreams. Mapping an Obsession, 2021)

Pag. 246 euro 20

In mezzo alle acque. Ciclicamente. Il medico, scrittore e viaggiatore Gavin Francis (Ayrshire, Scozia, 1975) ha iniziato a scrivere il volume sulle isole nel 2019 con l’obiettivo di trarre spunti dalle numerose che aveva visitato privatamente un po’ ovunque sul pianeta, per narrare benefici e problemi dell’isolamento con l’ausilio delle carte geografiche di ciascuna e della cospicua rigogliosa letteratura che le riguarda tutte. La successiva pandemia ha reso temi e riflessioni ancora più preziosi, essendo risultato fondamentale in ogni comunità umana apprezzare i doni dell’isolamento, sapendo al contempo trovare nuove modalità per restare vicini. Dichiara da principio di aver subìto fin da bambino il fascino delle isole e di aver scoperto che esiste per l’appunto una sorta di isolo-filia. Presto per lui la curiosità è divenuta un’ossessione: andava in cerca di isole per ricalibrare la consapevolezza di ciò che era davvero importante per lui, sia solitario malato per storie d’amore che in coppia alla verifica dell’innamoramento, sia poi con spedizioni scientifiche che con la famiglia (E. e tre figli). Gli è così capitato di alternare la professione di medico con lunghi viaggi e, talora, di accettare o cercare incarichi professionali su ecosistemi insulari lontani, significativi i quattordici mesi polari nella Halley Research Station in Antartide. Consapevolmente, ripropone di continuo l’interrogativo esplicito o implicito su cosa sia un’isola: “un ambiente in cui i nodi e la complessità dell’esistenza vengono riprodotti in miniatura? Oppure un chiostro, separato dal mondo, dall’industria, dai momenti determinanti della storia?” L’ottimo affascinante testo ci consegna molti spunti per rifletterci sopra, con cultura ed emozioni. Tutti noi abitiamo un’isola.

Negli ultimi anni Francis vive fra Edimburgo e le isole del nord, ha collaborato con vari autorevoli organi d’informazione inglesi e pubblicato alcuni bei libri tradotti in tutto il mondo. Quest’ultimo è certo un successo di garbo e originalità. I primi capitoli parlano dei binomi: riverenza e trasformazione, pace e reclusione (al suo interno cita anche poche isole carcere), cui seguono i capitoli su isole lontane, rifugio, fortunate, celesti, dei gabbiani, del tesoro, cercando una chiara risoluzione dell’ossessione e dei sogni. Il disordine è funzionale: la trattazione torna spesso sui suoi luoghi (Shetland, Orcadi) e la narrazione volutamente non ha una sistematicità storica o geografica. Si parte sempre da un ricordo personale per illustrare in parallelo immagini cartografiche e citazioni letterarie, poi elencate in due lunghe note finali: la prima con l’elenco delle fonti (230 storie di e da libri, saggi poesie e soprattutto romanzi, circa un paio ogni pagina scritta, talvolta evidenziate in corsivo e in celeste), la seconda con l’elenco di carte geografiche e illustrazioni, riferite lungo il testo alla collocazione e alla morfologia delle varie isole (ben 229, colorate, spesso a tutta pagina). L’autore ha cercato con efficacia di fare una “semplice e onesta” memoria cartografica della sua ossessione (sottotitolo inglese) per il fascino speculare ma opposto delle isole e della città, dell’isolamento e della connessione. La comunicazione si concentra sulla superficie emersa di eventi e impressioni, con toni emozionati e poetici se possibile, frasi brevi, mai paragrafi organici e pesanti, di lato il nome dell’isola di cui si sta parlando nel caso specifico (e torna di frequente la sua mania per quelle più “settentrionali” e meno mediterranee), fra le italiane la laguna veneta e la sarda Tavolara. Vita sana e all’aperto, tende e sacchi a pelo. John Cage per l’isolamento totale, forse.

All’esordio scientifico letterario, l’ingegnere giornalista divulgatore inglese Paul Sen parte dagli studi sul vapore per arrivare alle ricerche in corso. La scienza di Carnot era anche una risposta agli sconvolgimenti sociali d’inizio Ottocento, le sue acute personali riflessioni sono in qualche modo pure “prodotte” sia dalla Rivoluzione istituzionale francese che dalla rivoluzione industriale inglese. Risulta sempre così: la storia della termodinamica (in questo caso) non racconta solo come gli esseri umani migliorarono la loro conoscenza scientifica, ma anche come quella conoscenza sia plasmata dalla società, che poi ne viene plasmata a sua volta. Il testo propone, infatti, una tesi, la storia della scienza è la storia che conta: gli uomini e le donne che fanno progredire la frontiera del sapere sono più importanti dei generali e dei monarchi. Lo svolgimento è la connessa dimostrazione: vengono narrati spunti biografici, assunti teorici fertili e percorsi intrecciati di eroi ed eroine della scienza attraverso il loro impegno nello scoprire la verità sull’universo, come massima missione creativa. Dopo Carnot: William Thomson (lord Kelvin), James Joule, Hermann von Helmholtz, Rudolf Clausius, James Clerk Maxwell, Ludwig Boltzmann, Albert Einstein, Emmy Noether, Clude Shannon, Alan Turing, Jacob Bekenstein e Stephen Hawking, ovvero alcuni tra gli esseri umani più intelligenti che siano mai vissuti. Spesso lavorarono in stanzette modeste di laboratori modesti con mezzi modesti, scoprirono verità fondamentali. In appendice il ciclo di Carnot, la specificità di Clausius e i quattro principi: se due sistemi termodinamici sono entrambi in equilibrio termico con un terzo, allora sono in equilibro tra loro; l’energia dell’universo è costante; l’entropia dell’universo tende ad aumentare; l’entropia di un sistema si avvicina a un valore costante quando la sua temperatura è prossima allo zero assoluto. Poi note e bibliografia.

 

isole, recensione calzolaio.jfif
31 maggio 2022
di Valerio Calzolaio

il frigorifero di einstein

RECENSIONE

il frigorifero di Einstein

Il frigorifero di Einstein. Come la differenza tra caldo e freddo spiega l’universo

Paul Sen

Traduzione di Susanna Bourlot

Scienza

Bollati Boringhieri Milano

2021 (orig. 2021)

Valerio Calzolaio

il frigorifero di einstain, recensione calzolaio (1).jfif

Laboratori di ricercatori. L’ultimo paio di secoli. Nel 1824 Nicolas-Léonard-Sadi Carnot (1796-1832), brillante ingegnere militare francese, riservato e fragile, a Parigi pubblicò a sue spese un libello dal titolo Réflexions sur la puissance motrice du feu et sur les machines propres à développer cette puissanc, Riflessioni sulla potenza motrice del fuoco, una magnifica opera di scienza, esposta lucidamente senza tecnicismi, prodotto di una fertile immaginazione unita a una mente che ragionava basandosi scrupolosamente sulle evidenze. E fu tutta un’altra storia! E fisica! All’inizio dell’Ottocento la Gran Bretagna era in pieno miracolo economico, alimentato dall’industria manifatturiera del cotone e realizzato attraverso la rivoluzionaria energia a vapore dell’industria mineraria. La Francia osservava, spiava, invidiava. Con una tiratura di seicento copie, il volumetto uscì il 12 giugno a un prezzo di tre franchi (essendone costati 460): mostrava che per generare potenza motrice c’è bisogno di un flusso termico da un corpo caldo a uno freddo e intuiva che le macchine dell’epoca producevano uno spreco increscioso. L’autore nel 1828 si congedò dall’esercito francese, nel 1832 fu ricoverato in un ospedale psichiatrico, uscì presto ma fu tra le vittime dell’epidemia di colera, morì senza sapere dell’immensa importanza del suo lavoro, aveva fondato la termodinamica, nucleo decisino di buona parte delle nostre conoscenze sul mondo fisico per il tramite di tre fenomenali concetti, energia entropia temperatura. Senza di loro tutta la scienza, fisica chimica biologia, risulterebbe incoerente. La termodinamica spiega perché dobbiamo mangiare e respirare, come si accendono le luci e come finirà l’universo. I relativi principi governano tutto, dal comportamento degli atomi a quello delle cellule viventi, dalle macchine che alimentano il nostro mondo al buco nero al centro della nostra galassia. Einstein se ne occupò fin dal 1905, continuando a dare contributi fondamentali alla materia e ai frigoriferi. Non fu il solo.

 

All’esordio scientifico letterario, l’ingegnere giornalista divulgatore inglese Paul Sen parte dagli studi sul vapore per arrivare alle ricerche in corso. La scienza di Carnot era anche una risposta agli sconvolgimenti sociali d’inizio Ottocento, le sue acute personali riflessioni sono in qualche modo pure “prodotte” sia dalla Rivoluzione istituzionale francese che dalla rivoluzione industriale inglese. Risulta sempre così: la storia della termodinamica (in questo caso) non racconta solo come gli esseri umani migliorarono la loro conoscenza scientifica, ma anche come quella conoscenza sia plasmata dalla società, che poi ne viene plasmata a sua volta. Il testo propone, infatti, una tesi, la storia della scienza è la storia che conta: gli uomini e le donne che fanno progredire la frontiera del sapere sono più importanti dei generali e dei monarchi. Lo svolgimento è la connessa dimostrazione: vengono narrati spunti biografici, assunti teorici fertili e percorsi intrecciati di eroi ed eroine della scienza attraverso il loro impegno nello scoprire la verità sull’universo, come massima missione creativa. Dopo Carnot: William Thomson (lord Kelvin), James Joule, Hermann von Helmholtz, Rudolf Clausius, James Clerk Maxwell, Ludwig Boltzmann, Albert Einstein, Emmy Noether, Clude Shannon, Alan Turing, Jacob Bekenstein e Stephen Hawking, ovvero alcuni tra gli esseri umani più intelligenti che siano mai vissuti. Spesso lavorarono in stanzette modeste di laboratori modesti con mezzi modesti, scoprirono verità fondamentali. In appendice il ciclo di Carnot, la specificità di Clausius e i quattro principi: se due sistemi termodinamici sono entrambi in equilibrio termico con un terzo, allora sono in equilibro tra loro; l’energia dell’universo è costante; l’entropia dell’universo tende ad aumentare; l’entropia di un sistema si avvicina a un valore costante quando la sua temperatura è prossima allo zero assoluto. Poi note e bibliografia.

 

31 maggio 2022
di Valerio Calzolaio

BOLLE DI SAPONE

RECENSIONE

Bolle di SAPONE

Marco Malvaldi, Giallo, Sellerio Palermo 2021, Pag. 269 , Euro 15

Pineta e Calabria. Prima metà del 2020. Tempi di mascherine e distanziamento, cupi per il BarLume. Il barista matematico cinquantenne Massimo Viviani è preoccupato per più di una ragione: il 15 febbraio va a prendere in aeroporto la madre settantenne Maria Giuliana Liberata detta Gigina, geniale ingegnera e scacchista spesso in giro per il mondo, ed è costretto a farle capire che dovrebbe dormire almeno un paio di mesi da lei, ha comprato casa insieme alla fidanzata Alice Martelli e la villetta in zona san Sisto, su due piani, con giardino, è in ristrutturazione;

immagine bolle di sapone, recensione calzolaio.jpg

a suddetta vicequestora Alice al momento è purtroppo a un corso di aggiornamento per la polizia, tecniche informatiche antiriciclaggio, qualche settimana in Calabria; il 20 febbraio Ampelio, ultranovantenne diabetico padre di Gigina e nonno di Massimo, cade da uno sgabello (nel tentativo di prendere il barattolo della Nutella) e si rompe il femore, deve lasciare sola (che meraviglia) l’ottantottenne moglie Tilde Cantini e starsene per un bel po’ in ospedale, mancando di conseguenza a vari impegni pratici e sociali; la domenica successiva la partita Torino-Parma viene rimandata a causa dell’emergenza Covid-19, lasciando Massimo ancor più deluso, la partita del Toro risulta sempre uno dei suoi punti cardinali; i Vecchietti orfani di Ampelio, il coetaneo Gino Rimediotti, l’ottantaseienne Pilade Del Tacca e l’ultraottantenne Aldo Griffa sono sempre più avviliti. Il bar non si può frequentare, loro stanno di continuo a spulciare ogni tipo di statistica esistente al mondo sul virus, soprattutto relative alla mortalità comparata, e Massimo può scherzarci davvero poco. Occorre inventare qualcosa, magari ci vuole che accada qualcosa di criminale da spettegolare comunque, a distanza: non è che davvero Alice è alle prese laggiù con un doppio omicidio (fucilata e avvelenamento) di una coppia di anziani innamorati pizzaioli? Indaghiamo!

Lo scienziato scrittore (già allievo di conservatorio e buon pongista) Marco Malvaldi (Pisa, 1974) è una garanzia di piacevole divertente intrattenimento giallo. Qui tornano gli spassosi toscanacci apparsi nel 2007 e già protagonisti di otto romanzi, una decina di racconti e vari episodi televisivi (Sky). Come sempre la narrazione è in terza varia al passato, questa volta una selva di dialoghi nei vari separati contesti o via schermi Zoom, arguti ed esilaranti. Con l’occasione, scopriamo molte più cose dei trascorsi e della vita privata di tutti i protagonisti seriali. Approssimate tutte le età dichiarate, evolvono con i romanzi. Segnalo il metodo tramandato di madre in figlio per ricordare tutti i numeri di telefono senza mai appuntarli, trasformando i numeri in consonanti, a pag. 108. Si beve ancora molto, sia tè del pirata che rum caraibico, anche se da una parte Massimo (molto ingrassato, la bilancia materna dice 90,3 ovvero 8 chili più di due mesi prima) ha ricominciato a zuccherare il caffè che si prepara sul lavoro e dall’altra parte, fuori, vanno forte i cocktail già pronti da portare via per l’aperitivo casalingo, che Marchino si è inventato, quasi salvando il locale. La musichetta del cellulare di Aldo è l’inizio del brano Hallelujah dell’Oratorio “Messiah” di Händel. La trama è ardita: le coincidenze esistono o vengono spiegate (pure quelle del tifoso del Torino), la squadra investigativa è funzionalmente corale, il mistero si risolve con misura e sensibilità sociale, ma quando saranno tutti di nuovo a casa a festeggiare il compleanno di Ampelio, il 4 giugno, arriveranno altre novità. Una lettura corroborante quando non si ha tempo o voglia di aprire un libro, s’impara con un sorriso (abbastanza noir e criminale).

7 maggio 2022
di Valerio Calzolaio

La scienza sui giornali

la scienza sui giornali

La collaborazione con “l’Unità” e “Strisciarossa”

La scienza sui giornali. La collaborazione con “l’Unità” e “Strisciarossa“ (1987 - 2020), Pietro Greco, Carocci Roma, 2021

Ogni luogo in cui si trovò e poté scrivere. Per i lettori di allora, per i cittadini del presente. Il volume firmato da Pietro Greco è postumo, il 18 dicembre 2020 la vita è sfuggita di cuore e di mano all’amico chimico e giornalista (Barano d’Ischia, 1955 – Ischia, 2020)Alcuni bravissimi colleghi e amici
hanno selezionato una sessantina degli oltre 1500 articoli che scrisse per il
quotidiano “l’Unità” lungo 27 intensi anni (1987-2014) e altri tre
successivamente ospitati dal quotidiano online “Strisciarossa”.

la scienza sui giornali immagine (2).jfif

Alcuni bravissimi colleghi e amici hanno selezionato una sessantina degli oltre 1500 articoli che scrisse per il quotidiano “l’Unità” lungo 27 intensi anni (1987-2014) e altri tre successivamente ospitati dal quotidiano online “Strisciarossa”. Pietro, a metà degli Ottanta, lasciò l’incarico di borsista presso il laboratorio chimico dell’istituto di ricerca e tecnologia dei polimeri del CNR di Pozzuoli e divenne giornalista, collaboratore a tempo pieno presso il quotidiano nazionale del Pci che stava decidendo di lasciare più spazio alla scienza, addirittura un’intera pagina quotidiana per oltre un decennio. Scelse quel mestiere, non smise più di informare con competenza di causa. Divenne il miglior educatore scientifico italiano degli ultimi decenni, scrivendo spesso anche approfondimenti in saggi di volumi specifici e articoli di riviste, allargando via via l’impegno alla formazione professionale e alla ricerca culturale, poi a lungo formatore dell’intera categoria di ragazzi e ragazze che oggi potete leggere con gusto scientifico su tanti organi di informazione. Ogni luogo che consentisse di ampliare la cittadinanza scientifica delle italiane e degli italiani fu il suo, sempre disponibile e generoso, capace di valorizzare in interviste e commenti chi continuava a frequentare laboratori e università, attento a sollecitare dirigenti politici e rappresentanti istituzionali (del suo e di altri partiti) ad accrescere finanziamenti e ruoli per la ricerca scientifica.

La docente di Ecologia umana Maria Enrica Danubio, la giornalista scientifica Cristiana Pulcinelli e il docente di Bioetica Fabrizio Rufo hanno ottimamente curato un’antologia degli articoli quotidiani di Pietro Greco, mostrando chiaramente la loro fertilità oltre la cronaca: è utile leggerli oggi per capire l’oggi. Certo, con intelligenza e spirito critico (come furono scritti). I testi sono presentati in ordine cronologico, evitando le interviste (usate per rappresentare fedelmente il pensiero e il contributo di illustri personalità), limitando le recensioni (inevitabili visto quanto leggeva per dovere e piacere), sottolineando i temi ricorrenti (fisica delle particelle, cambiamenti climatici antropici globali, neuroscienze, biotecnologie, epidemie, biologia evoluzionistica) e riportando alcuni straordinari “ritratti” con i quali aggiornava lettori ed esperti sulle diverse correnti del pensiero scientifico e filosofico. I curatori chiariscono che la maggior parte degli articoli tralasciati “sono di bellezza, valore e interesse pari a quelli scelti” e che sarebbero necessarie autonome pubblicazioni per i pezzi della rubrica “Commenti” e forse per le cronache delle grandi conferenze ambientali internazionali cui fu inviato meticoloso e militante. Rileggerli aiuta tutti a comprendere meglio cosa davvero è accaduto negli ultimi decenni nel rapporto tra scienza e società e nella crescita (oggettiva) del ruolo assunto dalla scienza “sconfinata” per il funzionamento della società contemporanea e della stessa democrazia. In fondo al volume l’elenco dei quasi sessanta volumi da lui firmati e di una quindicina di curatele (sarebbero centinaia le prefazioni, introduzioni, postfazioni), poi le postfazioni di Pietro Spataro, Walter Tocci, Lucia Votano. Chi pensa e scrive sa di essere sempre debitore non solo di proprie letture ma soprattutto di pensieri e scritture altrui, a quanti Pietro Greco ha fatto maturare un credito di opinioni e testi? O anche solo di scambi di autorevole opinione, di risposte a domande mirate, di revisione di bozze? Era il suo modo di tentare di far godere altri delle proprie competenze e capacità, quanti più altri possibile, anche a costo di guadagnare meno, di tralasciare momenti intimi, di correre troppo, mai sfacciato. Indimenticabile Pi greco.

16 Aprile 2022
di Valerio Calzolaio

Un olocausto italiano

Voci di soldati italiani dai lager

un olocausto italiano

Dall’Italia all’Europa di Hitler. Subito dopo l’8 settembre 1943. Successivamente all’armistizio terminò formalmente il regime fascista e larga parte dell’Italia fu occupata dagli ex alleati tedeschi. Ufficiali e soldati, di vario orientamento politico e religioso, ebbero il coraggio di rifiutare l’arruolamento nella ancora fascista Repubblica di Salò, furono “patrioti” per non tradire la propria patria italiana

un olocausto italiano immagine (1).jpg

I nazisti ne inviarono allora tanti nei lager e nei campi di lavoro sparsi in Germania e nei paesi limitrofi. Il volume “Un olocausto italiano”, curato da Paolo Paganetto (Castiglione Chiavarese, 1950), amministratore della casa editrice ligure Oltre, raccoglie trentasei toccanti testimonianze degli internati militari italiani, redatte in forma sia narrativa che poetica (talora con relativi disegni), nell’immediata vicinanza temporale agli eventi raccontati, distinte in tre parti: verso l’abisso, nei regni della morte pianificata (la maggior parte dei testi), dopo l’inferno.

4 Aprile  2022 
di Valerio Calzolaio
io,Tina Modotti

Io, Tina Modotti

Felice perché libera

Io, Tina Modotti. Felice perché libera, Gérard Roero di Cortanze, Elliot Roma, 2021

Da Udine al Messico, con mille transiti. 17 agosto 1896 – 5 gennaio 1942. Si può sempre trovare una buona occasione per incontrare o reincontrare un’italiana interessante e misteriosa, migrante e sfuggente come Tina Modotti. Fate come se vedeste Monica Bellucci, un secolo prima ovviamente. Assunta Adelaide Luigia Tina Modotti Mondini, nata a fine Ottocento in Friuli, considerata una fra le più grandi fotografe del ventesimo secolo. 

io, tina modotti immagine.jfif

Figlia battezzata della sarta “cucitrice” Assunta Mondini (1863-1936) e del carpentiere tornitore “tuttofare” socialista Giuseppe Saltarini Modotti (1863-1922), terzogenita di sei sorelle e fratelli, Tina non poté studiare a lungo; fece presto a dodici anni l’operaia in una filanda e in una fabbrica tessile, dodici ore al giorno come dipanatrice, sbobinatrice, torcitrice, orditrice; nella bottega dello zio Pietro imparò a essere fotografata e a scattare foto, poi a capire qualcosa di negativi e positivi.

 Nel 1913 decise di lasciare l’Italia e raggiunse a San Francisco il padre emigrato (per le idee politiche e la carenza di lavoro), nei decenni successivi divenne una famosa richiesta fotografa e un’indomita rivoluzionaria in vari continenti, parlò molte lingue e amò molti uomini, alcuni particolarmente significativi per la sua vita. Esistono innumerevoli materiali (pur se purtroppo numerose sue foto sono andate perdute per svariate ragioni), varie corrispondenze e curati cataloghi di mostre, alcune buone biografie e fu partecipe di così importanti eventi storici, suscitò fascino e stima tra così grandi personalità, lasciò una traccia così profonda nei tanti che ebbero modo di incontrarla che non si finisce mai di godere di manufatti, scritti, relazioni che ne elogiano le gesta.

 

L’ottimo scrittore e letterato francese Gérard Roero di Cortanze (Parigi, 1948) ben riesce nella difficile impresa di ricostruire coerentemente, con nuove luci e scene, la biografia di Tina Modotti, da leggere! La definizione più corretta è quella di romanzo biografico, non perché non sia accuratamente documentato, quanto perché la narrazione cerca con successo di essere raffinata ed empatica, in ottemperanza con la frase della protagonista nell’esergo: “So che il problema di vivere influisce profondamente sul problema della creatività artistica”. Ecco, l’infanzia e la prima adolescenza abbozzano un’identità sociale culturale politica di Modotti che si affinerà e resterà cruciale: la solidarietà degli operai, dei poveri, degli emarginati contro sfruttamento e discriminazione; la necessità di muoversi ed emigrare per sopravvivere; l’opportunità di lottare per i propri diritti in una libera organizzazione collettiva. Poi la seconda adolescenza e la maturazione californiana aggiungono il desiderio e la capacità di esprimersi in forme artistiche, teatro, cinema, fotografia, poesia, giornalismo, condividendo sentimenti e contingenze (non potendo avere figli). I diciassette capitoli hanno il titolo di un’emozione scritta di Tina e tracciano la rotta cronologica dei suoi principali spostamenti. Divenne comunista, visse sempre senza certa stanzialità e senza pace (nemmeno dei sensi), fu spia e crocerossina durante la guerra civile spagnola, morì giovane per un infarto nel suo Messico. Era bellissima e conturbante, non molto alta, flessuosa, capelli color prugna, curve soavi, volto espressivo: ebbe un’esistenza travolgente. Roero di Costanze ce la racconta con garbo, senza pruderie, usando spesso dialoghi esplicativi, evidenziando con equilibrio le questioni controverse, illustrando con parole le foto notissime o perdute. Sempre emergono i turbamenti, i dolori, le malattie, gli inghippi, i guai finanziari, accanto a intensi legami familiari, passioni, gioie, successi, rivoluzioni, generosità. Tina Modotti patì per potersi sentire anche libera e felice (da cui il titolo), continuiamo casti ad esserne fortemente ammirati e inutilmente innamorati, un secolo dopo.

29 Marzo 2022 
di Valerio Calzolaio

L’anno del giardiniere

Cronache di giardinaggio

L'anno del giardiniere

L’anno del giardiniere, Karel Čapek, Sellerio Palermo, 2021 (orig. 1929, prima ed.
2008)
Un giardino cittadino alla periferia di Praga. Anni venti, circa un secolo fa. Il grande
scrittore e drammaturgo cecoslovacco Karel Čapek (Malé Svatoňovice, 1890 – Praga, 25 dicembre 1938) aveva una deliziosa rubrica giornaliera sul quotidiano della borghesia intellettuale della capitale, Lidové Noviny. Dal 1925, poco dopo aver comprato una villa, vi raccontò spesso le proprie imprese eroiche e comiche di giardiniere dilettante, iniziando proprio con “come si crea un giardino” e continuando con una trentina di affreschi, uno per ogni mese di quello che fu appunto “L’anno del giardiniere”, intervallati da riflessioni su semi e germogli e cactus, su innaffiatoi e vanghe, su piogge e feste, su botanica e stagioni, accompagnate ogni volta da
un’illustrazione o vignetta del fratello Josef. Scrisse a un amico: “Se andrò avanti così, lascerò la letteratura e mi dedicherò al giardinaggio - decisamente piuttosto al
giardinaggio che alla politica” (era pacifista e antinazionalista, come noto).

 

 


 

l'anno del giardiniere immagine.jpg
14 Marzo 2022 
di Valerio Calzolaio

IL PROFUMO DELLO STRAMONIO

IL RICHIAMO DELLA STREGA. STORIE SARDE DEL MISTERO

Il profumo dello stramonio

Il profumo dello stramonio. Il richiamo della strega. Storie sarde del mistero, Nicola Verde, La Lepre Roma, 2021
 

Sardegna. Ultimi decenni. L’ottimo scrittore d’adozione romana Nicola Verde (Soccivo, Caserta, 1951) raccoglie nel volume “Il profumo dello stramonio” una quindicina di brevi racconti (genericamente noir), scritti in anni diversi e lontani, perlopiù già pubblicati (qualcuno anche premiato), tutti in vario modo dedicati al fantastico contesto sociale e ambientale della Sardegna, a lui caro. Non si tratta di una semplice antologia, piuttosto forse di un “anto-romanzo”, così prova a definirlo l’autore stesso. Infatti, d’accordo con l’editore, Verde ha cercato di legare tutte le narrazioni con “il richiamo del sangue”, un racconto cornice per il prologo, undici intermezzi, l’epilogo, conseguentemente “limando” i testi originali: un maresciallo dei carabinieri molto anziano narra in prima persona di quando chiese di trasferirsi da Roma sull’isola, a Bonela, e di come sono poi per lui emerse le vicende dei vari racconti del mistero, fra mito e realtà, fra popoli antichi e leggende moderne.

il profumo dello stramonio.jpg
8 Marzo 2022 
di Valerio Calzolaio

Una storia aperta

DIRITTI DA DIFENDERE, DIRITTI DA CONQUISTARE

una storia aperta

Una storia aperta. Diritti da difendere, diritti da conquistare, Laura Boldrini (intervista a cura di Eleonora Camilli), Edizioni GruppoAbele, 2021

 

Dall’Italia per il mondo. 1989-2021. Attraversiamo una fase storica delicata, di regressione e di crisi della democrazia. Il Novecento è stato il secolo in cui i diritti umani (dopo due terribili conflitti mondiali) si sono affermati attraverso la Dichiarazione Universale del 1948 e molte delle coeve Costituzioni dei paesi che uscivano dalle macerie della seconda guerra mondiale.

una storia aperta immagine.jpg

Il tempo che viviamo sembra, invece, quello della loro erosione, in particolare sul fronte dei diritti civili, delle donne, delle minoranze e dei migranti. Contro il diritto d’asilo abbiamo visto formarsi all’interno dell’UE delle vere cordate di Stati con l’intento di sbarrare l’ingresso ai richiedenti che, in base ai trattati, avrebbero il diritto di entrarvi. Anche l’Italia non è immune dal rischio di retromarcia su questo terreno e ciò riguarda ovunque pure i diritti sociali, il diritto al lavoro e alla salute. Intervistata dalla brava giornalista Eleonora Camilli, la competente deputata italiana Laura Boldrini descrive la situazione internazionale attuale e sollecita ciascuno a mobilitarsi per la difesa, la conquista o la riconquista, dei diritti e delle libertà di tutti. Prima di suggerire attività pubbliche, collettive e associative solidali e coerenti parte sempre dall’analisi dei principali fenomeni globali in carne e ossa: popoli in fuga, migranti e rifugiati; populismo, nazionalismo, neofascismo; ruolo delle istituzioni e della politica; invadenza dei social e dei messaggi d’odio. Possiamo immaginare un futuro diverso, più inclusivo e sostenibile, se i giovani si faranno carico dei diritti e della loro salvaguardia. Se saranno loro a cambiare le priorità dell’agenda politica e a rafforzarle con la loro attiva partecipazione. Sono tante le ragazze e i ragazzi che si mobilitano per la libertà di Patrick Zaki e per la verità su Giulio Regeni. E questo ci fa ben sperare, conclude Boldrini.

Laura Boldrini (Macerata, 28 aprile 1961) è divenuta famosa, nota a praticamente tutte le italiane e gli italiani, quando è stata eletta presidente della Camera dei Deputati il 16 marzo 2013. Aveva avuto onorevoli impegni e rilevanti incarichi anche nei decenni precedenti. Nata e cresciuta nelle Marche, dopo la maturità classica a Jesi si è laureata in Giurisprudenza a Roma, iniziando già durante il corso di studi a viaggiare e lavorare in giro per il mondo, diventando anche giornalista pubblicista, finché nel 1989 è stata capace di vincere un concorso e ha così iniziato la carriera professionale all’Onu presso varie agenzie e programmi. Partendo dalla sua esperienza, risulta proprio utile e interessante un volume che fa il punto sui diritti che devono diventare fatti: posti di lavoro, salari adeguati, asili nido, giustizia rapida ed efficace, centri antiviolenza, protezione delle minoranze. Nelle risposte, Boldrini accenna ogni tanto alle vicende personali (di mamma girovaga, con una recente delicata malattia) ma l’attenzione prevalente riguarda questioni politiche, nazionali e internazionali: le guerre e le migrazioni forzate, gli stranieri e la necessaria riforma della legge sulla cittadinanza, le forze politiche di destra e di sinistra oltre al recente arrivo del M5S (che molto la attaccò con offese cieche e scurrili, quanto la Lega), la sottovalutazione del neofascismo, la prima candidatura da parte di Sinistra Ecologia Libertà e l’interpretazione della funzione di terza carica dello Stato italiano, il caso di Luca Morisi, la campagna di sensibilizzazione #AdessoBasta, il linguaggio di genere, la legge Zan (colpevolmente affossata), il fine vita, le politiche contro la pandemia in corso. Oltre a domande puntuali e argomentate, Camilli firma la prefazione, mentre la postfazione è affidata a Giorgia Serughetti.

1 Marzo 2022 
di Valerio Calzolaio

cos'è un rifugiato

Recensione del libro per bambini di Elise Gravel

che cos'è un rifugiato
cosa è un rifugiato.jpg

Elise Gravel, Cos’è un rifugiato, Harper Collins, Milano 2021 (orig. 2019), pp. 36.

Mondo umano. Da sempre. Non è mai troppo presto per spiegare a un bimbo o a una bimba che ci sono loro coetanei costretti a lasciare le proprie case, residenze e famiglie, in fuga 

da gravi pericoli, in viaggio senza meta e con tanta paura, in cerca di asilo o accoglienza in qualche posto lontano. Loro malgrado. Del resto, “un rifugiato è una persona, proprio come te e me”. Appena nati capita inevitabilmente di sentire adulti che ne parlano, voci, notizie. Tanto vale fare chiarezza e spiegare con semplicità di che e di chi si tratta, con esempi e paragoni, senza preconcetti e banalità, rimettendosi alla straordinaria capacità infantile di intuire e immedesimarsi, bimbi e bimbe sapiens.

C’è la piccola Ayla, partita dalla Siria per colpa della guerra che spiega: “amo disegnare con mia sorella. Facciamo dei fumetti divertenti”. Ci sono i coetanei Majid dal Sudan, Roseline da Haiti, Musa dall’Afghanistan, Nala dalla Somalia, Sebastian da Cuba. E, poi, alcuni rifugiati celebri come Rita Levi Montalcini (1909-2012), Bob Marley (1945-1981), Malafa Yousafzai (12 luglio 1997), attivista e blogger pakistana, la più giovane vincitrice del Premio Nobel per la pace, Albert Einstein (1879-1955), Anne Frank (1929-1945), Maria Montessori (1870-1952) e Freddie Mercury (1946-1991). È importante rispettarli dal principio come eguali a noi, comunque e dovunque si presentino, interessandosi alla loro storia personale e a quanto possono mostrare al mondo.

La bravissima illustratrice canadese Elise Gravel (1977), affermata in patria e all’estero, pluripremiata, ha realizzato un altro libro cortese per bambine e bambini, oltre che per gli adulti che amano trascorrere tempo con loro, insegnare e imparare. Gli elementi sono pochi: testo essenziale, breve e profondo; grandi disegni colorati; volti che dicono tanto. Bella anche l’introduzione di Carlotta Sami, portavoce dell’Unhcr (The United Nations Refugee Agency) per l’Italia; con ogni copia venduta un euro sarà devoluto proprio alle attività di questa importante organizzazione. Si tratta davvero di un libro ben illustrato che ci aiuta a parlare chiaramente di vicende complesse, anche ai più piccoli, utile per una biblioteca comunale, per una maestra o maestro scolastico, per un genitore o un nonno accorti.

Ai rifugiati è stato negato il diritto di restare, di continuare a vivere dove risiedevano, il diritto di fare cose “normali”; sono stati obbligati a una migrazione forzata per non rinunciare a dire, pensare o essere quello che si è; qualche volta anche a causa di disastri naturali. Intorno a loro dilagano indifferenza e diffusa ignoranza. Facciamo insieme qualcosa per dissiparle.

29 Maggio 2021 
di Valerio Calzolaio

l'uomo del porto

l'uomo del porto

Recensione del romanzo di cristina cassar scalia

Cristina Cassar Scalia, L’uomo del porto, Einaudi, Torino 2021, pp.321.

Catania. Dicembre 2016. Alla stimata 39enne ispettrice vicequestore aggiunto Giovanna Vanina Guarrasi è stato recapitato un minaccioso proiettile (tale e quale a quelli che avevano ucciso il padre venticinque anni prima); il primo dirigente Tito Macchia, Grande Capo della Mobile di Catania, ha deciso di metterla sotto scorta, in una sorta di clausura forzata, e lei si mostra sempre più insofferente.

l'uomo del porto immagine.jpg
Ancora 1

Il suo ottimo braccio destro Carmelo Spanò la chiama: nella  cantina di un pub del centro storico è stato ritrovato il cadavere accoltellato di Vincenzo Maria La Barbera (1960), celibe, professore di Filosofia al liceo classico, tanto solitario quanto apprezzato da studenti e colleghi.

 

Vincenzo Maria La Barbera apparteneva a una famiglia molto facoltosa, conservatrice e patriarcale, con cui aveva solo sporadici rapporti dall’età di diciotto anni: si era ribellato, non aveva voluto i loro soldi. Da parecchio tempo viveva su una vecchia barca a vela ormeggiata al porto. Era amico e sodale del gagliardo don Rosario Limoli, che si occupa proprio di giovani dipendenti da droghe e alcool, non senza creare fastidio a trafficanti e spacciatori. Da un anno aveva una fidanzata, Maria Venera Vera Fisichella, 51enne, brava psicologa al Sert, una donna con cui condivideva l’impegno di salvare ragazzi e ragazze dalle tossicodipendenze.

 

Emerge che decenni addietro, nel 1978, dopo la maturità, La Barbera aveva trascorso qualche anno in una comune di campagna. Improvvisamente, (come mostrano i contatti telefonici degli indagati), il professore ha contattato i genitori di tre ragazzi che nel 1981 erano scomparsi proprio da quell’esperienza comunitaria. Forse per risolvere l’omicidio è necessario fare luce sul passato?

 

Parallelamente all’indagine scorre la turbolenta vita di Vanina, in fuga dal passato, reduce da anni di militanza nell’Antimafia, ex e forse ancora compagna di Paolo Malfitano, un magistrato della Dda; cinefila accanita (con collezione ricca di vecchi film e di pellicole imperniate su Sicilia e siciliani), Vanina è una buongustaia incapace ai fornelli, un’ insonne sognatrice dedita a Gauloises e alla cioccolata fondente, sempre coinvolta dalle vicende della vicina Bettina, delle amiche, delle collaboratrici e di figure quasi paterne, come il sensibile e famoso cardiochirurgo Federico Calderaro, secondo marito della madre, o l'83enne commissario in pensione Biagio Patanè.  

 

Cristina Cassar Scalia (Noto, 1977) fa bene a proporre un altro giallo, il quarto ottimo romanzo della bella serie in cui ogni avventura è ambientata a circa un mese di distanza l’una dall’altra, finora tutte a fine 2016. Lo stile appare simpatico, scorrevole, colto e attento alle parole, incistato là alle pendici della muntagna dell’Etna (per quanto la protagonista sia originaria di Palermo e lì mantenga legami).

Se è in progetto la realizzazione di una serie televisiva ispirata al romanzo significa che gli ingredienti di un buon noir ci sono tutti.

8 Giugno 2021 
di Valerio Calzolaio
il paesaggio

il paesaggio

Dialogo tra fotografia e parola

Il paesaggio. Dialogo tra Fotografia e Parola, Roberto Besana (con altri sessantacinque autori), Töpffer, Oltre, Sestri Levante 2021, pp.163

A Giugno 2020 è uscito L’albero, un originale bel volume di grande formato dedicato agli alberi, opera di Roberto Besana, manager editoriale e fotografo, e di Pietro Greco, chimico e divulgatore scientifico. Dopo alcuni brevi scritti introduttivi, si incontrano 65 godibili chiari testi a sinistra, mentre a destra luminose e ramificate foto in bianco e nero che completano la comprensione e la percezione dell’argomento.

 

paesaggio.jpg

I due artisti scientifici avevano in programma un successivo comune libro sui paesaggi, ma Greco scomparve in corso d’opera, a 65 anni, e Roberto chiese a 65 amici e colleghi scienziati di rendersi disponibili alla stesura di inediti commenti destinati ad altre 65 nuove foto.

Ecco Il paesaggio, un’altra meraviglia! Dopo l’introduzione di Besana e l’interessante introduzione della brava giornalista Melina Scalise, seguono le 65 bellissime foto e i relativi acuti commenti (con appropriati titoli), raggruppati in quattro distinte parti: Forme e geometrie; Inseguendo la luce guardo; Sconfinamenti; Tracce e linguaggi. I coautori sono: Aiello; Amistadi; Piero Angela; Armaroli; Armiero; Ascolini; Silvia Baglioni; Barone; Silvia Bencivelli; Bianco; Bianucci; Bischi; Francesca Boccaletti; Bologna; Francesca Buoninconti; Buticchi; Lilly Cacace; Calzolaio; Carra; Cerroni; Ciardi; Ciccarese; Liliana Curcio; Dei; De Rossi; Ereditato; Fina; Valentina Fortichiari; Fratoddi; Fratus; Margherita Fronte; Roberta Fulci; Fuso; Giacomelli; Guerraggio; Guidoni; Iovine; Lenci; Leone; Longo; Lucchetti; Simona Maggiorelli; Mecconi; Monti; Marta Morazzoni; Motta; Mulè; Nappi; Odifreddi; Daniela Palma; Rossella Panarese; Pantaloni; Paoloni; Pievani; Polizzi; Cristina Pulcinelli; Rossi; Rossi; Salomone; Melina Scalise; Serra; Raffaella Simili; Termini; Tunesi; Chiara Valerio; Zuffi.

Il chimico, scrittore e divulgatore scientifico Pietro Greco (Barano d’Ischia, 1955 - Ischia 18 dicembre 2020) è stato una grande personalità della cultura scientifica e artistica europea degli ultimi decenni, a lungo giornalista de L’Unità e da ultimo caporedattore della splendida rivista online dell’Università di Padova, Il Bo Live. Per capirci: ad autunno 2020 si potevano trovare in ogni libreria una decina di novità firmate Greco (da Aprile Trotula. La prima donna medico d’Europa, L’Asino d’oro; dal 10 Settembre Quanti, Carocci; dal 29 Settembre Homo. Arte e scienza, Di Renzo Editore Roma; da fine Ottobre ETI, Intelligenze extraterrestri, Doppiavoce). Greco fu anche coautore di numerosi testi come L’albero e Il computer incontra la fisica teorica, ma anche curatore, come per Mezzogiorno di scienza. Per varie ragioni, connesse al suo intero percorso biografico intellettuale ed emotivo, il saggio su “Arte e scienza” storicizza le umane conoscenze e riassume il personale approccio scientifico e comunicativo.

All’alba del 18 Dicembre 2020, per un cortocircuito elettrico che ha bloccato il battito del cuore, facendolo poi svenire e svanire nel sonno, l’improvvisa avara morte ha interrotto la sua vita, palpitante e generosa, privando la moglie Emilia Di Pace, i figli Francesco e Gaia, tanti altri cari affetti, migliaia di allievi e decine di migliaia di italiani e italiane che lo avevano frequentato (o ascoltato su Radio3 scienza), di continuare a godere delle sue qualità, espresse sempre con cortesia e competenza. Con Il paesaggio Roberto Besana (Monza, 1954) e i coautori, ognuno a suo modo, rendono un personale omaggio al grande Pietro Greco, aiutando a percepire e comprendere meglio i paesaggi della mente umana e dell’evoluzione terrena.

15 Giugno 2021 
di Valerio Calzolaio

l'universo in un granello di sabbia

l'universo in un granello di sabbia

recensione del saggio di Mia Couto

Mia Couto, L'universo in un granello di sabbia, Sellerio, Palermo, 2021 (orig. 2019), pp. 222

Mozambico, Africa, pianeta. Ultimo decennio.

Il grande António Emílio Leite Mia Couto (Beira, 1955), biologo, poeta e scrittore (nonché mite intellettuale che conobbi nel 1995, “osservando” per l’ONU le prime elezioni in Mozambico dopo la guerra civile), con “L’universo in un granello di sabbia” raccoglie brevi saggi, articoli, conferenze e interventi pubblici. Sono oltre venticinque ottimi testi (la cui stesura va dal 2010 al 2019) su svariati argomenti politici e sociali, di letteratura e sociologia, di cultura e antropologia, di scienza e ambientalismo. 

universo in un granello di sabbia.jpg

Mantiene le sue straordinarie “fantastiche” doti narrative e prende spunto da musei e cicloni, da Samora Michel e Nelson Mandela, oppure da piccole storie di umani e animali, di giustizia e ingiustizia, con la consapevolezza che “non c’è oggi un muro che separa chi ha paura da chi non ha paura” e l’esplicito obiettivo di “ripensare il pensiero ridisegnando frontiere”.

26 Giugno 2021 
di Valerio Calzolaio

la regina delle galere

la regina delle galere

storia e storie del carcere di procida

La regina delle galere. Storia e storie del Carcere di Procida, Franca Assante, Giannini, 2015, Pag. 183

Procida, Terra Murata, Palazzo d’Avalos. 1831-1988.

 

La dismissione del carcere sull’isola ha avuto luogo oltre trenta anni fa e nel 2022 il Comune ha ottenuto il titolo di Capitale italiana della cultura. Sarà bene prepararsi studiando meglio le vicende dei Campi Flegrei.

la regina delle galere.jpg

Procida è una piccola deliziosa isola di 3,7 km², 370 ettari; 16 chilometri di frastagliato perimetro, a soli 3,4 chilometri dalla terraferma campana, ma non supera cento metri sopra il livello del mare, neanche nel punto collinare più alto, proprio dove fu costruito un borgo medievale fortificato, poi destinato a carcere. L’isola ha più di diecimila abitanti e tre piccoli porticcioli; è parte di un Parco Regionale e di un’Area Marina Protetta nazionale.

 

Il bel volume “La regina delle galere” della valentissima nota storica Franca Assante (Procida, 1935), a lungo docente all’Università di Napoli Federico II, racconta le vicende del borgo, del palazzo e della Casa di pena con rigore e competenza, bibliografia e illustrazioni.

6 Luglio 2021 
di Valerio Calzolaio

aristotele e la montagna d'oro

aristotele e la montagna d'oro

recensione del romanzo di Margaret Doody

Margaret Doody, Aristotele e la Montagna d’oro, Sellerio, Palermo, 2021, pp. 488

Atene e Magna Grecia. Tra fine agosto e inizi ottobre 323 a. C.

L’acuta docente e ottima giallista canadese Margaret Doody (Saint John, 1939) prosegue la serie storico-filosofica. Con “Aristotele e la Montagna d’Oro”, l’intrigo si colloca dopo la morte di Alessandro il Grande a Babilonia, nel periodo della nascita del figlio Alessandro IV.A quel tempo Aristotele (Stagira, Macedonia 384 a.C.), Maestro del Liceo, considerato ormai un nemico dai concittadini “Patrioti” ostili al controllo macedone, era tornato nell’abituale residenza di Atene.

grecia.jpg

Minacce e intrighi lo inducono a partire verso Filippi, città fondata da Alessandro a guardia di un’inesauribile miniera (da cui il titolo), dove tuttavia sono in corso manovre e cospirazioni legate alla successione al potere. Si scoprono tanti omicidi oscuri e inspiegabili, che Aristotele sarà costretto a indagare, anche per salvarsi. A narrare il tutto è il suo fido Stefanos, 34enne compagno d’avventure. Questo è un classico romanzo di genere immerso nella storia.

13 Luglio 2021 
di Valerio Calzolaio
spiriti liberi

spiriti liberi

quattro fedeli dalla vita spericolata

Marzia Coronati, Spiriti liberi. Quattro fedeli dalla vita spericolata, Com Nuovi Tempi, 2021, pp. 79

Italia. Tra il XIX e il XX secolo.  La giornalista Marzia Coronati racconta quattro “Spiriti liberi”: un teologo marxista, un’avvocata valdese, un pastore pacifista e un chimico partigiano. Giovanni Franzoni (Varna, Bulgaria, 1928 - Canneto Sabino, 2017), Lidia Pöet (Perrero, 1855 - Diano Marina, 1949), Tullio Vinay (La Spezia, 1909 - Roma, 1996) e Mario Alberto Rollier (Milano, 1909 - Marsiglia, Francia, 1980) furono personalità eclettiche e diverse, accomunate da sincera fede, ostinata caparbietà e sicura consapevolezza di vivere con e per la comunità, al fianco dei deboli e delle minoranze.

spiriti liberi.jpg

Il testo nasce da biografie audio (podcast) messe in onda a Maggio 2021, trasferite in cartaceo e impreziosite da illustrazioni. Ognuno dei quattro esemplari “buoni” viene narrato a partire da una data illuminante: Franzoni al convegno di Nusco nell’agosto 1974; Pöet all’Università di Torino nel 1880; Vinay all’aeroporto di Saigon in Vietnam nel 1973; Rollier in Val D’Angrogna nell’autunno 1943.

20 Luglio 2021 
di Valerio Calzolaio
elbrus

elbrus

recensione del romanzo di Capocasa e Di Clemente

Giuseppe Di Clemente e Marco Capocasa, Elbrus, Armando Curcio, Roma 2020, pp. 313.

Tallinn (Estonia),  A.D. 2155.

Andrus Sokolov è sul cornicione di un tetto, confuso, in procinto di buttarsi. Viene colpito da un proiettile sedante, cade ma è salvato da un campo magnetico e ricoverato nel reparto neuropsichiatrico. Prima di perdere l’equilibrio mormora “La Dama l’ha detto al viaggiatore” e la frase ascoltata nel notiziario sconvolge l’affabile timido Lubomir Karu che lavora per Drama, una software house che produce videogiochi in realtà virtuale. La Dama fa parte anche dei suoi sogni. 

elbrus.jpg

Il mondo è diverso, la temperatura media è aumentata di sei gradi Celsius in 150 anni, si sopravvive a stento al nord, l’intelligenza artificiale controlla molto. Elbrus è il primo bel romanzo avventuroso di scientifica distopia di Giuseppe Di Clemente (Roma, 1976) scrittore,  economista e  astronomo - e Marco Capocasa (Roma, 1974), antropologo molecolare. Un romanzo narrato in terza persona, ottimamente incentrato sul nesso tra cambiamenti climatici e fenomeni migratori, oltre che sui progressi della genetica e della genomica umana.

24 Luglio 2021 
di Valerio Calzolaio

il rogo della repubblica

il rogo della repubblica

recensione del romanzo di andrea molesini

Il rogo della Repubblica

Andrea Molesini

Romanzo

Sellerio Palermo

2021

Pag. 337

Prezzo 15,00 euro

WhatsApp Image 2021-11-25 at 14.50.43.jpeg

Venezia. Anno Domini 1480. La storia e la geografia degli ebrei hanno varie tracce e percorsi. Al tempo della Serenissima – cattolica e romana –, dopo la scomparsa di un bimbo in un piccolo paese del trevigiano, il mite e sapiente archisinagogo Servadio e altri due ebrei vengono arrestati con l’accusa di infanticidio rituale (l’accusa di impastare sangue con gli alimenti è ricorrente fra i malati di antisemitismo), torturati e condannati al rogo. Un irruente avventuriero miscredente vi si oppone durante il processo: la spia e confidente Boris da Candia. L’arguto, brutale, violento e colto, fra nobili palazzi e sordidi bordelli, indaga su chi fomenta nel popolo l’odio contro gli ebrei, più o meno interessato. Prova con coraggio e ardore ad evitare “Il rogo della Repubblica”, titolo del bel romanzo storico dell’ottimo scrittore Andrea Molesini (Venezia, 1954). Lui non accetta compromessi, dialoga sulle convenzioni e convenienze sociali, s’innamora di una maga graziosa e misteriosa. Perché no?

14 dicembre 2021 
di Valerio Calzolaio

europei senza se e senza ma

storie di neandertaliani e di immigrati

Europei senza se e senza ma. Storie di neandertaliani e di immigrati, Guido Barbujani, Bompiani Giunti, Milano Firenze, 2021 (nuova edizione, prima ed. 2008), Pag. 318

 

Europa. Da milioni di anni. Le prime impronte di forme umane fuori dall’Africa risalgono a quasi due milioni di anni fa, da almeno un milione Homo heidelbergensis cammina anche in Asia e in Europa,

europei senza se e senza ma immagine.jpg

da oltre 300 mila anni in Europa sopravvivono e si riproducono anche i Neandertal, i Sapiens da quasi 50 mila anni. Nessuno può dire con sicurezza cosa sia successo nel periodo in cui si dividevano lo stesso continente quelle due specie umane (accanto ad altre), i Neandertal e i nostri antenati (di entrambe vi è da allora traccia nel genoma dei residenti europei), a volte così vicini da potersi guardare da versanti opposti di una valle. Circa 40 mila anni fa siamo rimasti soli. Nella migliore delle ipotesi gli “altri” si sono estinti non per volontaria causa nostra, nella peggiore li abbiamo spinti noi a estinguersi (più o meno direttamente). A quel tempo gli immigrati eravamo tutti noi, gli europei di una volta oggi non ci sono più. Prima e dopo di noi il clima è cambiato più e più volte nel continente a nord del Mediterraneo. I Neandertal, per esempio, hanno attraversato due grandi ere glaciali, Riss e Würm: seppero abituarsi a stare al ghiacciato, all’arso e in cangianti situazioni differenti. Vale davvero la pena di conoscerli più da vicino, non così diversi da noi. Un certo strabismo è opportuno, si può e si deve apprezzare la loro unicità, tanto più che nelle nostre cellule sapiens abbiamo scoperto tracce leggibili delle migrazioni e delle genealogie delle specie precedenti e, soprattutto, noi europei (tutti neri fino a circa 10 mila anni fa) di quelle neandertal. Da qualunque fattore dipenda la nostra facoltà del linguaggio, questo fattore si è evoluto in qualche antenato comune. Se l’uomo è animale parlante, i neandertaliani non erano meno uomini di noi.

Il grande scienziato genetista Guido Barbujani (Adria, Rovigo, 1955) ha insegnato a New York e Londra, a Padova e Bologna, ora a Ferrara; da 45 anni studia e lavora pure sperimentalmente sul DNA; con chiarezza e completezza prova a tradurre la genetica delle popolazioni europee per noi principianti concittadini. Il volume uscì con successo 13 anni fa e viene ripubblicato ora in edizione economica; il fatto è che non è bastato dargli una sistemata; sono cambiati sia i dati scientifici che il contesto europeo (da ultimo con la Brexit); l’autore ha finito per aggiornarlo in larga parte e proprio per riscriverne tre quarti. La struttura è restata la stessa, ma datazioni, teorie, ipotesi, citazioni, esempi e approfondimenti hanno dovuto tener conto dell’accelerata evoluzione degli studi. La sostanza viene ampiamente confermata: da milioni di anni siamo in continuo spostamento di qua e di là; è essenziale continuare a ricostruire queste migrazioni e i fenomeni per cui certe popolazioni si sono fuse con altre; nessun popolo ha mai avuto radici pure e univoche; i “veri” europei ci sono forse stati ed erano i neandertaliani, estintisi in seguito a un fenomeno migratorio (sapiens) dall’Africa; non c’è più, da nessuna parte da millenni (e anche qui ora), qualcuno che si possa chiamare veramente europeo, senza se e senza ma. Mancano purtroppo ancora una riflessione collettiva e una discussione teorica multidisciplinare sul significato antico e moderno del migrare (assente anche nel piccolo glossario finale), sui differenti concetti storici e geografici di emigrazione e immigrazione (più usato il secondo per motivi contingenti, per quanto condivisibili), sui gradi animali e specificamente umani di necessità e libertà nel cambiare stabilmente (o stagionalmente) residenza in relazione alle altre specie e agli ecosistemi (mutevoli climaticamente).

26 Ottobre 2021 
di Valerio Calzolaio
europei senza se e senza ma
panini

panini

storia di una famiglia e di tante figurine 

Panini. Storia di una famiglia e di tante figurine, Leo Turrini, Minerva, Argelato (Bo), 2020, Pag. 319

Pozza (Maranello) e Modena (capoluogo). 1897-2018, dalla nascita del futuro padre alla scomparsa dell’ultima dei figli e delle figlie. Il capostipite Antonio Tonino Panini conobbe solo una delle decine dei nipoti e non seppe mai delle figurine create dai figli. Morì di cancro a soli 44 anni. Era stato una personalità vitale. Apparteneva a una famiglia di contadini 

panini immagine.jpg

meccanici della piccola frazione Pozza, un popolano con il guizzo della creatività, non certo lettore ma attivo affabulatore. S’innamorò di Olga Cuoghi, tre anni più piccola, figlia di un casaro, gentile e ben educata, intellettualmente molto curiosa. Si sposarono e, fra il 1921 e il 1931, nacquero quattro bambine e quattro bambini (persero due delle dieci gravidanze), nella radicata convinzione che ogni erede è certo una bocca in più da sfamare, ma anche due braccia in più per lavorare: la maggiore Veronica (1921), poi Maria Luisa, Giuseppe, Edda, Norma, Benito, Umberto, il minore Franco Cosimo (1931), dopo il quale (nel 1932) decisero di trasferirsi in città a Modena. Antonio era stato assunto alla rinomata potente Accademia Militare, aveva il brevetto per conduttore di caldaie a vapore, lavorava con soddisfazione e apprezzamento come addetto al riscaldamento. Olga si occupava della casa e della prole, attenta a che studiassero, capace lei di declamare poesie e scrivere niente male. I primi anni di guerra coincisero con l’arrivo della malattia di Antonio: morì il 9 novembre 1941. Proprio quel giorno Giuseppe, il maschio più grande, aveva preso il primo stipendio in un’officina, i soldi servirono al funerale. La famiglia cercò di reagire al dolore e alla miseria. L’Accademia offrì alla vedova un lavoro da sarta, figli e figlie s’industriarono: nel 1944 Olga propose di provare a gestire l’edicola sulla piazza principale in Corso Duomo, il 6 gennaio 1945 iniziarono, poi ebbero l’idea delle buste, dei francobolli e delle figurine. Geniali.

Il giornalista e scrittore Leo Turrini (Sassuolo, 1960) scrive da sempre con competenza e passione di tanti sport; qui narra uomini e donne che furono decisivi nell’evoluzione del tifo calcistico per le squadre e per i calciatori. Spiega che a suggerirgli l’idea del libro fu il primus inter pares della F.lli Panini, Giuseppe (1925-1996), già nel 1993, impegnandosi a guidarlo nel labirinto dei ricordi e delle immagini. Morì pochi anni dopo e il progetto rimase nel cassetto per un quarto di secolo, finché non fu ripreso su spinta dell’amico e coetaneo Antonio Tonino junior, secondo dei quattro figli di Giuseppe. Il bel testo travalica i generi, ha documentate tracce biografiche, molto basate su conversazioni e testimonianze personali; spiega aspetti dell’imprenditoria privata tanto quanto del mondo sportivo; mostra lo storico profondo legame familiare, anche e soprattutto attraverso i tragitti autonomi e i legami acquisiti di ciascuno; garantisce uno splendido meditato ricco apparato fotografico, legato sia a quello specifico secolare ecosistema umano del modenese che all’immaginario pubblico e sociale contemporaneo costruito dal successo degli album e delle figurine. Si legge con gusto e curiosità. Sono complessivamente oltre 25 capitoli che nella prima parte trattano padre, moglie e poi vedova, ciascuno degli otto figli e figlie nati a Pozza, vedendone gli intrecci ma anche le autonomie (Umberto che se ne andò in Venezuela, Edda che seguì Loreno a Maddaloni, i parenti via via acquisiti); nella seconda parte seguono la nascita del mito a Modena e in Italia, con il primo album in occasione del campionato di calcio 1961-62 e la progressiva riunificazione di tutti i fratelli e le sorelle nell’impresa, intorno a Giuseppe e, ovviamente, alla madre Olga (scomparsa nel 1987). Fatti, aneddoti, specialità, come la pallavolo o le fisarmoniche di Giuseppe (quelle ora a Castelfidardo). L’epopea familiare arriva al 1998 quando fu firmato l’accordo per la cessione della Panini a Robert Maxwell, brevi gli aggiornamenti successivi, Modena mantiene il cuore della memoria, il brand resta consegnato a un’ubiqua immortalità.

6 Novembre 2021 
di Valerio Calzolaio

lupin

Arsène Lupin, ladro gentiluomo e altre storie

Arsène Lupin, ladro gentiluomo e altre storie, Maurice Leblanc, Einaudi, Torino 2021 (orig. 1907, 1931, 1933), Pag. 531

 

Francia e non solo. 1890-1937. Maurice Marie Émile Leblanc (Rouen, 1864 - Perpignan, 1941), dopo studi comparati di legge, si trasferì a Parigi e divenne scrittore di “gialli”, nella forma prevalentemente di racconti, dal 1905 sempre più dedicati solo al celeberrimo personaggio di Arsène Lupin (nato nel 1874, secondo l’autore). Le sue avventure continuano a essere utilmente ripubblicate in Italia, in questo “Lupin” con una discutibile introduzione di Monica Dall’Asta.

lupin immagine.jpg

Lo spunto ricorrente di labirintici intrighi e minacce è l’antico furto di una fatidica preziosa collana di diamanti della regina Maria Antonietta nel 1785, il primo scandalo di tipo moderno; l’agile ben allenato dandy Arsène vi è genealogicamente collegato tramite la madre. Sempre ci sono due registri: il gusto del furto da una parte, lo smascheramento di bugie e inganni dall’altra. Entrambi si esaltano se, accanto al nobile escluso Lupin, troviamo pure Herlock Sholmes (plagio e omaggio al famoso eroe d’Oltremanica).

16 Novembre 2021 
di Valerio Calzolaio
lupin
rapporto sulla popolazione

rapporto sulla popolazione

recensione del libro di Francesco billari e cecilia tomassini

Rapporto sulla popolazione. L’Italia e le sfide della demografia, Il Mulino Bologna, 2021, Pag. 262

Italiani. 2000-2020. La demografia italiana degli ultimi decenni è eccezionale per tutte le varie dimensioni cruciali e strutturali ravvisabili nelle dinamiche della popolazione: l’allungata durata della vita; la composizione molto invecchiata; la fecondità bassa; l’estesa transizione dei giovani allo stato adulto; i forti legami familiari; la veloce crescita numerica degli stranieri; la forte diversità delle tendenze a livello locale. 

Rapporto sulla popolazione.jpg

 

Come è noto, le variazioni della popolazione residente, nel suo ammontare complessivo, tra un capodanno e quello successivo, dipendono dal valore di quattro tipi di flussi: nati, morti, immigrati (iscritti all’estero), emigrati (cancellati per l’estero). I dati vanno poi correlati, in particolare, attraverso due saldi: il saldo naturale – la differenza tra nascite e morti – e il saldo migratorio – la differenza tra immigrati e emigrati. Le pochissime nascite sono la componente più “eccezionale” dell’ultimo ventennio, a livello comparato, accompagnata da tre tendenze: l’età elevata delle madri, il Nord più fecondo del Sud e la quota ampia di bimbi con entrambi i genitori stranieri. Il numero delle morti cresce per l’elevata presenza di popolazione anziana. Nei vent’anni analizzati, comunque, il saldo naturale è rimasto costantemente negativo (esclusione fatta per il 2004 e il 2006) e ha raggiunto i livelli più elevati, in valore assoluto, nel 2019 (meno 214.000) e nel 2020 (meno 342.000). Fate voi. La crescita della popolazione fino al picco storico del 2015 (60.800.000 italiani) è stata sostenuta solo dall’incremento dell’immigrazione, per quanto istituzionalmente resa sempre più difficile negli ultimi anni, con una piccolissima quota in condizioni di irregolarità (meno del dieci per cento della popolazione straniera residente). All’1.1.2021 siamo 59.257.566.

Il Consiglio Scientifico dell’Associazione Italiana per gli Studi della Popolazione ha promosso un ottimo e articolato rapporto per documentare le tendenze demografiche del nostro paese nei primi vent’anni del terzo millennio. Il volume è stato curato e introdotto da due ordinari della disciplina, Francesco C. Billari (alla Bocconi di Milano) e Cecilia Tomassini (all’Università del Molise). Gli otto capitoli sono opera di loro colleghi di varie altre università e dell’ISTAT, ricchi di dati grafici, figure, tabelle. Ecco i titoli dei quattro capitoli della prima parte sulle varie componenti sopra richiamate: la fecondità; le famiglie; migrazioni internazionali e popolazioni immigrate; sopravvivenza, mortalità, disuguaglianze e pandemia. Seguono i quattro della seconda parte, specifica sulle disuguaglianze: tra i territori; nell’istruzione secondaria e terziaria; nella transizione allo stato adulto; nella salute, soprattutto degli anziani, tra prospettive di resilienza e fragilità. Infine, i riferimenti bibliografici (non spaziano sulle altre discipline scientifiche che analizzano gli stessi fenomeni).

Molto chiaro è che la demografia si muove lentamente, diacronicamente rispetto alla politica. L’unico processo veloce che talora vi si associa è il movimento migratorio. Nel capitolo dedicatovi viene sottolineato l’attuale lacunoso sistema di norme e politiche per cui lo Stato italiano combina elevati livelli di severità dichiarata con una gestione inefficiente dei flussi in ingresso; lascia varie zone grigie nella tutela dei diritti fondamentali di ampie fette della popolazione di origine straniera; mette in secondo piano l’esigenza di politiche e di riforme volte a favorire l’inclusione della popolazione straniera che da anni vive stabilmente nel nostro paese tra cui, in primo luogo, la riforma della normativa per l’acquisizione della cittadinanza. Ci servono più immigrati regolari e ci servono italiani più uguali. Appunto.

30 novembre 2021 
di Valerio Calzolaio

via delle oche

recensione del romanzo di carlo lucarelli

Via delle Oche. Un’indagine del commissario De Luca

Carlo Lucarelli

Noir

Einaudi Torino

2021 (prima edizione Sellerio, 1996)

Pag. 163

Prezzo 14,00 euro

via delle oche.JPG

Bologna. Primavera ed estate 1948. Viene trovato un corpo privo di vita in un casino di Via delle Oche. La vittima è Ermes, buttafuori del numero civico 23 della più rinomata via bolognese che accoglieva le case chiuse (prima della Legge Merlin). Seguono altri omicidi, apparentemente indipendenti, ma il commissario della Buoncostume indaga con acume anche nel terzo romanzo della storica serie del grande Carlo Lucarelli (Parma, 1960). Già incontrato in pieno regime fascista, poi ritrovato negli ultimi giorni di Salò, ora è appena sfuggito all’epurazione. Siamo in pieno Quarantotto: rancori antichi e moderni, le elezioni infuocate, l’attentato a Togliatti, la maglia gialla di Bartali. Gli ottimi romanzi ebbero notevole successo trent’anni fa e vengono riproposti ora nella mitica collana Stile Libero, senza apparati o presentazioni, con l’identica dedica “a Tecla” (la cara Dozio, cui l’autore e tanti scrittori o appassionati di gialli e noir devono molto).

11 dicembre 2021 
di Valerio Calzolaio
via delle oche
lontani tutti. l'assassino dei tre anni

lontani tutti. l'assassino dei tre anni

recensione del romanzo di gaia greco

Lontani tutti. L’assassino dei tre anni

Gaia Greco

Noir

Di Renzo Editore

2021

Pag. 283

Prezzo 13,50 euro

WhatsApp Image 2021-12-24 at 20.11.38.jpeg

Woolwich: paesino alla periferia di Lincoln, Nebraska, Usa. 2018. Il 36enne Thomas Randall Tom Newman, ricco scrittore di grande successo e dall’esistenza ormai perfetta, sta da nove mesi e vive felicemente – e intende presto sposarsi nella loro New York – con la splendida coetanea Julie (padre francese e madre serba, infanzia a Vancouver in Canada, poi medica e ora ottima cardiochirurga in rutilante carriera). Durante le passate vacanze natalizie, i genitori di Julie e il fratello minore con la moglie e i due figli hanno avuto l’occasione di incontrarlo. Decidono così di andare a conoscere i parenti di lui, che ancora vivono tutti nella piccola cittadina dove è cresciuto e ha studiato: la mamma inferma, il fratello maggiore (di sei anni), sposato con due figli, la sorella minore (di tre anni). Tom ha una seconda ragione per tornare: ha deciso di scrivere un libro imperniato su Richard Williams, il concittadino reo confesso serial killer, condannato per aver ucciso sei persone – da ultimo lo stesso padre di Tom – conosciuto ai più come l’assassino dei tre anni, visto che gli omicidi hanno occupato un quindicennio, ognuno a distanza di tre anni dall’altro, sebbene il movente rimanga ancora ignoto. Ripensa spesso alla propria infanzia solitaria e adolescenza dongiovannesca; al crescente desiderio di andarsene lontano prima possibile e alla precoce vocazione letteraria (primo libro a 18 anni, subito osannato da critica e pubblico), che gli aveva permesso di abbandonare l’opprimente contesto natio e di realizzarsi altrove. Arrivano a Woolwich e riemergono antiche tensioni, nessuno è profeta in patria. Julie trova e legge i suoi diari, mentre lui va a visitare il prigioniero in carcere. Entrambi cominciano lentamente a convincersi che forse non è stato individuato il vero colpevole e che può essere utile riprendere le indagini. Questo farà tornare a galla mestizie e dubbi del passato, senza essere certi che ne valga davvero la pena. 

Gran bell’esordio letterario per la giovane poliedrica Gaia Greco (Lacco Ameno, Ischia, 22 dicembre 2000), già videomaker e sceneggiatrice: l’uso intelligente e critico del genere giallo noir per un eccellente romanzo di formazione (necessario alla sua vita autonoma), con mille rimandi e simmetrie, arte e scienza, tante letture e prime scritture alle spalle. La narrazione è in prima ipersensibile persona al presente alternando i capitoli contemporanei con il testo dei diari (due quando Tom aveva 6 anni) scritti perché non riusciva a fare amicizia secondo consiglio della maestra Baker, nonché prima vittima, e due a distanza ogni volta di un triennio (con le vittime successive), a 9, 12, 15 e a 18 anni, quando rientrò precipitosamente dall’Università di Chicago dove studiava appunto lingua e letteratura. Il congegno non è artefatto, funziona, del resto sappiamo che anche Julie sta divorando quei testi infantili e adolescenziali. Funzionali sia la copertina, con due scarpe rosse sportive da movimento, sia il titolo, con la solitudine di chi sente gli altri altrove (lontani). Il tema di fondo riguarda le inevitabili letali artrosi familiari, forse all’insaputa dei saggi del sudafricano David Cooper (1931-1986): tanti sposati nutrono un odio profondo e brutale per il proprio matrimonio. Il papà preferiva il vino, rispetto alla birra amata dallo sceriffo. Con la restaurata Mustang degli anni sessanta (migliore della sua Countryman), Henry, l’amico e nuovo sceriffo (figlio del vecchio), sceglie una compilation di antiche canzoni per portarlo al carcere di Lincoln, anche se Tom preferisce i locali Bright Eyes (con studio di registrazione a Omaha).

25 dicembre 2021 
di Valerio Calzolaio
i bastardi vanno all'inferno

i bastardi vanno all'inferno

recensione del romanzo di Frédéric Dard

I bastardi vanno all’inferno 
Frédéric Dard

Traduzione di Elena Cappellini
Noir
Rizzoli Milano
2021 (orig. 1956)
Pag. 189

Prezzo 14,00 euro

i bastardi vanno all'inferno.jpg

Francia del Sud. Anni Cinquanta. Molti conoscono la serie poliziesca del superlativo commissario Sanantonio inventata dal poliedrico scrittore francese Charles Antoine Frédéric Dard (1921 - 2000). 288 romanzi in sessant’anni (spesso con pseudonimi e di tutti i generi), 184 avventure con Sanà; centinaia di milioni di copie vendute, innumerevoli trasposizioni cinematografiche, fama e successo (con il primo figlio del primo matrimonio che prosegue ancora la serie). “I bastardi vanno all’inferno” è un bellissimo testo del primo periodo; l’autore stava ormai divenendo ricco e famoso, quando decise di scrivere un’opera teatrale noir (1954) di cui lo stesso grande regista decise di farne anche un film (1955) e poi l’editore gli chiese il romanzo (1956): tutto si sviluppa tra dramma e commedia, sugli ironici colpi bassi della vita. Drammaturgia pura e linguaggio ficcante; narrato da uno dei due protagonisti prigionieri in un carcere, un poliziotto sotto copertura e una probabile spia. I loro dialoghi, la loro fuga da amici. O no?

28 dicembre 2021 
di Valerio Calzolaio
nero lucano

nero lucano

recensione del romanzo di piera carlomagno

Nero lucano

Piera Carlomagno

Noir

Solferino Milano

2021

Pag. 349

Prezzo 18,00 euro

WhatsApp Image 2022-01-01 at 10.18.09.jpeg

Grottole e Matera. Gennaio 2020. Quando arriva col buio nel delizioso paesino natale del ricco marito imprenditore Brando Carbone – che l’ha preceduta di qualche giorno – Leda Montessori, bella varesina dall’accento antipatico (lì), sofferente di amenza, non lo trova a casa e il cellulare è staccato. Loro risiedono stabilmente a Varese, nella bambagia. Lei è atterrita e offuscata, non sa cosa e come fare. Ancora vestita elegante scappa verso il bar di Giulio, dove sa che quell’orso brutto tiene una bottiglia di Oban a sua disposizione, beve per obnubilarsi e si sottomette alle voglie dell’uomo, non è la prima volta. La mattina dopo, la patologa e antropologa forense 39enne Viola Guarino viene presto chiamata da Corrado Basile, procuratore della Repubblica di Matera: lei è una consulente specialista della scena del crimine, hanno appena trovato un cadavere orribilmente sfregiato in località San Giuliano, alla diga. Il cranio è spaccato in due, abiti e scarpe sono firmati, brilla tra le mani della vittima una cartina geografica della Basilicata con vari luoghi segnati in rosso: si annunciano rogne. Mentre Viola studia, odora e fotografa i particolari del macabro ritrovamento, la raggiunge anche il sostituto procuratore Loris Ferrara tornato da chissà dove, appena rientrato in servizio dopo mesi di attese. Avevano avuto una relazione appassionata e intensa prima che lui si dileguasse per tornare dalla moglie. Da parte sua, di prima mattina, Leda cerca al telefono Lia Guidi, l’eccelsa efficiente tuttofare segretaria personale di Brando: è certo l’amante. Tuttavia, la trova ignara, sorpresa e preoccupata: devono dare risposta per un grande affare in Giappone, serve urgentemente il capo. Si rivolge ai vigili urbani e il giorno dopo si fa accompagnare in questura. Viola e Leda s’incontrano, il cadavere viene identificato. Poi verrà trovato un altro corpo, morto già da qualche giorno e un’ulteriore scomparsa fa presagire il peggio. Qualcuno si sta vendicando.

L’ottima giornalista e scrittrice Piera Carlomagno (Salerno, 1963) laureata in lingue e letteratura cinese, attivissima sul piano culturale e sociale, da almeno un decennio pubblica guide turistiche e interessanti romanzi, soprattutto gialli; prosegue ora con successo la bella serie noir lucana con Viola Guarino. Il tocco è sempre più personale, avvolgente, maturo: una protagonista competente, intuitiva, scientifica, spirituale; con tante sfaccettature culturali ed emotive, liberamente immersa nel tratto più antico dell’ecosistema lucano, testardo, profondo, minerale, animale. La narrazione è in terza persona al passato: è quasi sempre il punto di vista di Viola, con alcune simpatiche incursioni fra le rutilanti signore del bridge – protagoniste dell’oligarchia regionale – e i rari, intrusivi pensieri di chi sta uccidendo tramite corsivo. Il nero del titolo ha plurivalenze: oggetti di vestiario e di morfologia così “colorati”; genere di emozioni e scritture; la rappresentazione iconografica della Madonna a Viggiano; il mitico ambito petrolio. Il malaffare si annida spesso nel potere immobile, nel blocco sociale che governa da sempre quella regione (analogamente ad altrove), grazie a una rete di maglie strette di clientele (e spesso massoneria) che opera nel silenzio con metodi antichi, che controlla le stanze dei bottoni compreso il Palazzo di Giustizia. A prescindere da Viola che porta vento con sé, gira in moto, ha una portentosa nonna lamentatrice funebre e uno straordinario nonno farmacista colto. Tanti libri più o meno in primo piano. Alcolici di varie fattezze e misure, ovviamente l’Amaro Lucano e il Matera Greco. La musica di riferimento è il jazz, in particolar modo il jazz da camera, però è la canzone di Vasco a farle meglio interpretare lo sgozzamento del coniglio.

1 gennaio 2022 
di Valerio Calzolaio
una famiglia straordinaria

una famiglia straordinaria

recensione del romanzo di Andrea albertini

Una famiglia straordinaria

Andrea Albertini

Biografie familiari

Sellerio Palermo

2021

Pag. 461

Prezzo 16,00 euro

WhatsApp Image 2022-01-04 at 07.50.08.jpeg

Angoli e metropoli europee. Prima metà del Novecento. A fine ottobre 1905, Tatiana Lvovna Suchotin Tolstoj raggiunse i genitori nella tenuta di Jasnaja Poljana. Aveva 41 anni ed era incinta di Tania (1905-1996), futura moglie del primogenito dell’anconetano direttore del CorSera Luigi Albertini (1871-1941), ostile al fascismo e marito della seconda delle tre figlie del drammaturgo piemontese Giuseppe Pin Giacosa (1847-1906), librettista di "Tosca" e "Bohème" (due fratelli Albertini sposarono due sorelle Giacosa). Andrea Albertini (Roma, 1960) è un loro discendente ed esordisce nella narrativa con tante affascinanti biografie parallele in “Una famiglia straordinaria”, spaccato di storia e cultura: le esistenze separate e incrociate degli avi; personalità significative dei secoli scorsi, come Lev Tolstoj (1828-1910), all’interno di guerre rivoluzioni esili; la vicenda italiana durante il regime. L’efficace narrazione è in terza persona e si sposta sui vari protagonisti delle variegate fasi esistenziali e dei diversi contesti sociali.

4 gennaio 2022 
di Valerio Calzolaio
40 cappotti

40 cappotti e un bottone

recensione del romanzo di ivan sciapeconi

40 cappotti e un bottone, Ivan Sciapeconi, Piemme Milano, 2022

40 cappotti e un bottone immagine.jfif

Il piccolo ebreo Natan lo sperimentò a Berlino sulla propria pelle, verificò l’indifferenza di molte delle persone che facevano parte del suo quotidiano, vide l’arrivo dei fuochi e le camicie scure trascinar via il caro divertente padre, gran raccontatore di illuminanti barzellette, e caricarlo su un camion. Qualche anno dopo una signora amica avvisa la mamma che è meglio far partire i ragazzi più grandi, Natan sì, il fratello minore Sami no. Prendono il treno, unico mezzo di meno incerto trasporto, prima verso Vienna e Graz in Austria, poi verso Zagabria in Croazia, dove restano un paio di mesi; un gruppo tenta di proseguire verso Turchia e Palestina, Natan e gli altri (di tante nazioni) restano in un castello a Horjul in Slovenia, più di un anno, giungono in Italia nell’estate 1942, arrivano a Modena, finché il rabbino della sinagoga li destina a Nonantola. A Villa Emma giungono quaranta ragazzi e nove adulti, ci sarebbero quarantatré stanze, riescono subito a tenderne vivibili due, una per i maschi, una per le femmine. Fanno lavoretti, ascoltano lezioni, imparano mestieri, si riuniscono in assemblea, incrociano cittadini e ragazzi del paese, spediscono e ricevono lettere, riescono pure a procurarsi il pianoforte per Boris, il pianista russo. La Delegazione per l’assistenza degli emigrati ebrei (DELASEM) fa molto, ma sono soprattutto i cittadini locali ad aiutarli, i contadini portano cibo, i falegnami forniscono letti, le sarte cuciono vestiti. E il loro sostegno diventa decisivo quando arrivano le SS e bisogna trovare il modo di nasconderli e farli fuggire verso la teoricamente neutrale Svizzera (c’è un primo tentativo fallito rispetto al quale viene alla mente la vicenda di Liliana Segre).

Il creativo insegnante di scuola primaria (a Modena) Ivan Sciapeconi (Macerata, 1969) ha al suo attivo già vari testi didattici e di narrativa per ragazzi e ora racconta con maestria una bella storia vera, un riuscito esordio nel romanzo. Con tono giusto e garbato, sceglie il punto di vista di un bambino ai bordi della pubertà, la narrazione è in prima persona al presente, con mescolanza sapiente di tempi e contesti, di ricordi e illusioni, di pensieri e dialoghi. Il titolo fa riferimento all’ultima necessità della fuga, le donne del paese tutte a produrre cappotti eguali in poche ore, con bottoni e asole al posto giusto, come se fosse una gita di adolescenti. Il romanzo può essere letto da 8 a 98 anni, niente astruserie, sigle, prosopopea. Lo stile e le parole sono curate, le emozioni di un giovanissimo, il dramma di alcune generazioni. Un vecchio e un bambino riescono a seguirlo e a capirlo, a divertirsi e a commuoversi, allo stesso modo. Nella Villa le lingue parlate erano tante, ci si intendeva in molti modi. In fondo al testo si trovano i nomi veri dei ragazzi di Villa Emma e dei loro accompagnatori. Natan ripete spesso che si sforza di memorizzare l’identità di chi li stava aiutando, deve loro la vita, vuole che se ne conservi la memoria. L’autore ha raccolto materiali, testi, racconti e testimonianze parziali, informazioni storiche, pur segnalando che possono esserci dimenticanze, si tratta appunto di un romanzo storico. Del resto, esiste ancora oggi una Fondazione Villa Emma che svolge un eccezionale lavoro culturale e di documentazione. Gli ospiti ebrei di allora fuggirono davvero tutti insieme, solo un piccolo gruppo tentò la via verso sud (e gli americani), un paio si unirono alla Resistenza nelle Marche. Una volta partiti, la vita a Nonantola riprese e vi sono pubblicazioni di piccoli editori locali a raccontarla, alcuni cittadini non sopravvissero alla Shoah, altri furono nominati Giusti tra le Nazioni dallo Yad Vashem; così come iniziò la nuova esistenza degli arrivati in salvo, alcuni dei quali tornarono nel modenese a guerra finita.

22 Febbraio 2022 
di Valerio Calzolaio
bottom of page