EGUAGLIANZA
trattamento diseguale tra diseguali.

3 è il numero perfetto, così come è perfetta la teoria enunciata all’articolo 3 della nostra costituzione,
“Il principio di eguaglianza”: “Tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge”, questo afferma il primo comma.
A una prima lettura non ci può essere un’affermazione più condivisibile e splendida di questa, riflettendo meglio però una frase di questo tipo suona come una condanna che non appiana alcuna diseguaglianza, anzi, finisce per inasprire quanto c’è di diseguale.
Non c’è nulla di più diseguale che offrire trattamenti eguali ai diseguali.
Il diritto per sua natura deve essere diseguale, dando di più a chi ha meno e di meno a chi ha di più, e proprio questo afferma il molto meno citato secondo comma dell’articolo 3, investendo lo Stato repubblicano del compito di rimuovere gli ostacoli strutturali che limitano la libertà e l’eguaglianza dei cittadini.
2 Giugno 2020
di Giacomo Tarsitano
Eppure nel nostro retaggio culturale, pienamente ignorante dell’art. 3 comma secondo, l’eguaglianza si configura come un trattamento eguale tra diseguali che tende a premiare i pochi e penalizzare i molti, nel tacito consenso collettivo, fino a deformarsi nel concetto degradato di trattamento diseguale tra diseguali: la discriminazione.
L’art 3 è la chiave di lettura di una democrazia di fatto e non solo declamata.
L’art. 3 è il principio sul quale si fonda la profonda comprensione del concetto di diritto.
L’art. 3 è la culla di un principio che non può avere confini. Tutti gli stati dovrebbero avere un articolo 3. Tutti gli stati davanti agli ultimi dovrebbero inginocchiarsi e non con le proprie ginocchia schiacciarli.
L’art. 3 è un silenzioso pugno chiuso alzato al cielo che reclama giustizia, pace sociale, rispetto.
L’art. 3 è di per sé un motivo sufficiente per festeggiare la nostra Repubblica. Avere l’art. 3 nel nostro ordinamento è un valido motivo per applicarlo.
Buona festa della Repubblica.